Due donne "profanano" Eton: vincono dove non sono ammesse

Sconfitta la maledizione di TutanCameron, che del College è stato allievo. Qui è nato questo sport: nel liceo più importante, elitario e costoso del pianeta

L’onore di Sua mae­stà è donna. Due. Vincono nelle ac­que di Eton, dove le donne non possono neanche entra­re. Via la maledizione del­l’oro che non arrivava e via anche secoli di sessismo: la prima vera medaglia britannica entra nelle stanze e nei meccanismi dell’élite, s’infila nelle pieghe della sto­ria per sfidare la tradizione. In quest’ac­qua il canottaggio è stato inventato per­ché gli uomini potessero di­mostrare di essere migliori. Incrociate i remi per le signo­re della vogata, ora. La gloria è loro. In casa, ma da ospiti. Con quella scritta sullo sfon­do che racconta dove siamo: Eton College Rowing centre. Cioè la culla del remo e il banco di scuola del Regno Unito che contava, conta e conterà. Il liceo più importante del pianeta, il più costoso, il più elitario, il più classista, il più maschilista. Qui hanno studiato 18 premier britannici, compreso David Ca­meron. Poi un numero indefini­to di ministri, scrittori, artisti, fi­nanzieri.
L’istituzione più esclu­siva del mondo, dove remare è un obbligo, un patto tra lo stu­dente, i professori, l’acqua e la nebbia: prendete un remo per di­mostrare di essere uomini.
Hanno vinto le femmine, inve­ce. Due senza: Heather Stan­ning ed Helen Glover, loro con­tro le avversarie e contro la saga del machismo. Esulta la Gran Bretagna. Canta l’inno. God sa­ve the Queen: la regina salvata da altre due donne. Poi arriva Bradley Wiggins con la sua bici a sistemare la parità dei sessi. Do­po, però.Perché l’ordine è inver­tito, nonostante i tentativi co­stanti di questo Paese di resiste­re all’avanzata del potere femmi­nile. Non gli è bastata una pre­mier come Margharet Thatcher a fargli capire che il futuro sareb­be stato donna. Un pezzo d’In­ghilterra ha fatto resistenza pas­siva.
S’è chiuso qui, tra le mu­ra meravigliose di un edifi­cio che guarda a distan­za il castello di Wind­sor. A dividerli c’è la venerata ac­qua del Tami­gi, la stessa che riem­pie il­lago ar­tificiale crea­to per regala­re al mondo il più bell’impianto di canottaggio. Re Enrico VI fondò l’Eton College per­ché i figli della nobiltà del Regno avessero il massimo. Li educava­no alla vita: inglese, latino, filo­sofia, storia, geografia. E botte. Le punizioni corporali sono sta­te abolite nel 1983, fino ad allora il flogging era un’espe­rienza inevitabile: il pre­side frustava uno studen­te sul sedere nudo, con un ramo di betulla o un bastone, solitamente davanti ai compa­gni di classe in modo che la pro­cedura servisse di lezione a tut­ti. Tre anni prima era stato vieta­to il fagging: l’abitudine degli studenti dell'ultimo anno, dei nonni quindi, di schiavizzare una matricola a testa. Fai que­sto, prendimi quest’altro, puli­scimi le scarpe. Quando chiese­ro all’ex ministro della Difesa britannico, Alan Clark, che cosa fosse stato per lui Eton lui rispo­se così: «Un’introduzione preco­ce alla crudeltà umana, alla sle­altà e all'estrema sofferenza fisi­ca ». Oggi non è così. Oggi chi fa il bullo viene escluso e a nulla servono le eventuali pres­sioni di facoltosi genito­ri che pagano le rette più alte del mondo per far stu­diare qui i loro brillanti o meno brillanti figliuoli. Venti­settemila euro l’anno, please. Il costo folle è rimasto a segnare la continuità col passato. Con quello è rimasto anche il livello di istruzione eccellente che ha formato anche i principi Wil­liam e Harry. L’altro pezzo di tra­dizione rimasto è la chiusura al­le donne: qui si è solo maschi. E tutti in frac. E tutti in barca. Nel­la nebbia, sotto la pioggia, con la neve. Il canottaggio è un obbli­go piacevole perché garantisce agli etoniani i veri figli di uno sport che è nato qui. Accadde nel 1817: otto contro otto, un ti­moniere per barca.L’essen­za di questo sport che l’In­ghilterra ado­ra. Anche ieri, erano tutti lì per l’otto con. Come per la boat-race, la gara tra Oxford e Cam­bridge che ogni anno dal 1829 apre la primavera in­glese con due milioni di persone sulle sponde del Tamigi e nove davanti alla tv.
Pieno, Eton. Per i figli della sua storia. Uno, due, tre, quat­tro, cinque, sei, sette, otto. Più il piccoletto che scandisce i tem­pi. Forza, ragazzi. Go, go, go, go. I più forti, i favoriti, i signori del lago: terzi. Bronzo. L’oro è fem­mina. La forza, la tradizione, la gloria protetta dalle donne. La nemesi di una nazione che non ce la face­va più ad aspet­tare: cinque giorni senza una medaglia d’oro. «Gold, please» titola­vano i giornali ieri.Un’esorta­zione, una spe­ranza, una pa­ura. L’osses­sione è stata cancellata, Wiggins ha completato. Da zero a due in un giorno per salire nel medagliere, perché ventesimi era davvero troppo: sotto la Ro­mania, la Georgia, la Slovenia, l’Ucraina, il Sudafrica. Le signo­re ridanno onore. Il Regno Uni­to si toglie il cilindro e fa la rive­renza. Eton è il posto dove co­minciano molte storie di questo Paese. «La battaglia di Waterloo fu vinta sui campi di gioco di Eton», scrisse Arthur Wellesley, il Duca di Wellington che scon­fisse Napoleone. Orgoglioso di essere cresciuto in quella scuo­la e di aver guidato molti altri mi­litari che come lui avevano stu­diato in quella scuola. Il canot­taggio non era ancora stato in­ventato. Quando accadde fu lì. Dove succede sempre qualcosa. Anche la storia che si capovolge con la tradizione. Le donne che profanano di gusto il tempio dei loro uomini. Giù il cappello, sie­te inglesi. Avrebbero dovuto vin­cere, ma anche i maschi erano destinati a farlo. Così di Heather Stanning ed Helen Glover si sa­rebbero ricordati solo i figli.

In­vece il primo oro in casa è la sfi­da all’ultimo pezzo di maschili­smo della Gran Bretagna. Silen­ziosa, come un remo che spinge ti spinge al traguardo.

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