E un anno dopo è ancora un'Italia da zero a zero

Come con la Svezia, gli azzurri senza gol sono eliminati. Piacciono ma sprecano nel 1° tempo

E un anno dopo è ancora un'Italia da zero a zero

Un anno dopo si può dire: abbiamo ritrovato l'Italia. Non la vittoria perché contro il Portogallo finisce zero a zero come contro la Svezia. Ma è tutta un'altra storia. Allora perdemmo il Mondiale, ma l'impressione è che comunque non avessimo una Nazionale anche se fossimo andati in Russia. Stavolta diciamo addio alle residue speranze di qualificarci alle final four di Nations League, ma abbiamo capito di avere un futuro. Il ct Mancini ha ridato fiducia negli azzurri con il gioco. La strada è lunga, ma è quella giusta per questa giovane Italia, che deve trovare il gol. E' una necessità, serve un attaccante che la butti dentro. Se il ct non lo trova, c'è sempre il falso nove da riprovare perché Immobile non sfrutta l'occasione, la spinta di uno stadio unico.

Infatti i settantatremila di San Siro sono una cornice degna per questa Italia. Anche se non mancano le note stonate. A partire dai fischi all'inno portoghese, coperti dagli applausi degli azzurri in campo. E poi per un quarto d'ora ecco gli altrettanto sgradevoli fischi a Bonucci. Una parte dello stadio, ridotta a dire il vero, evidentemente non distingue i colori, non riconosce l'azzurro che non si deve mai fischiare. Probabilmente rancori di tifosi rossoneri, ai quali Allegri una settimana giusta fa aveva negato la possibilità di fischiare l'ex contro la Juventus, tenendolo in panchina. Allora vuoi perderti l'occasione di farlo con la maglia azzurra? Bah. San Siro non tradisce mai l'Italia, ma nel caso specifico non convince.

Saranno invece fischiate le orecchie a Ventura nel vedere il primo tempo dell'Italia, un anno dopo lo scempio con la Svezia. L'ex ct avrà rimuginato sull'Insigne imprendibile per un tempo, per la difesa del Portogallo; su quel Jorginho che aveva scoperto solo sull'orlo del baratro, titolare per la prima volta nel ritorno contro la Svezia. Il play blues mena le danze insieme a Verratti, un'intesa promettente che fa bene anche al parigino, d'altra parte quando si parla la stessa lingua calcistica in termini di qualità, è tutto più facile. A spalleggiarli l'intraprendente Barella, che cresce a vista d'occhio. Poi Insigne esalta il palleggio della mediana azzurra mettendo due volte Immobile davanti alla porta. Ci prova anche Verratti, ma il laziale sbatte su Rui Patricio. Purtroppo il primo tempo conferma la più grande lacuna della Nazionale di Mancini: la mancanza di un bomber di razza. Non ci sono in circolazione punte che abbiano calcato palcoscenici Champions, dove i nostri club schierano Icardi, Dzeko, Cristiano Ronaldo (prima di lui Higuain) e Mertens o Milik.

A inizio ripresa prova a riempire il vuoto Chiesa, ma la sua girata trova una fortunosa, per il Portogallo, deviazione sul palo esterno. Verratti sale in cattedra e dà ragione allo striscione steso sul prato prima dell'inizio: Siamo il calcio. I campioni d'Europa ci fanno il solletico perché Chiellini è monumentale alla centesima presenza in azzurro, mentre Bonucci si concede un paio di leggerezze all'inizio, quando sembra patire i fischi, poi si riallinea. I due che dovrebbero insegnare ad Harvard, secondo Mourinho, sono anche gli unici trentenni di una giovane Italia che convince San Siro. Anche per la personalità con cui non rinuncia a giocare quando affiora la stanchezza dopo un'ora.

E quando gli italiani Cancelo e Joao Mario suonano il primo campanello d'allarme, Mancini toglie Immobile e ci riprova con Lasagna. Ma è Donnarumma, fino a quel punto portoghese perché spettatore non pagante, a salvare il risultato con un paratona su William Carvalho. Finisce come un anno fa, ma è tutta un'altra Italia.

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