Da martedì notte se lo chiedono i 40 mila di San Siro e tutti gli altri rossoneri sparsi per il Belpaese e anche oltre frontiera. È il caso di fidarsi di questo Milan rivitalizzato dalle energie, fisiche e tecniche, di Zlatan Ibrahimovic? I numeri di gennaio anticipano una risposta immediata e positiva. In campionato un solo pari stentato, contro la Samp, scandito da un bel numero di tiri in porta senza la precisione di cui c'era bisogno, seguito poi da tre successi, due in viaggio e uno a San Siro, rocambolesco, con una rincorsa che sa anche di casualità. La seconda risposta, più meditata, deve puntare su alcune analisi calcistiche d'indubbio valore. Dal giorno dello sbarco di Ibra, il Milan, un tempo spuntato come un pugnale senza lama, è diventato una macchina da gol. In coppa Italia viaggia a pieno ritmo, 7 sigilli tra Spal e Torino, uno in meno in campionato ma quel che più conta ci sono appunti sulle perfomances personali da sottolineare. È vero che Suso e Piatek - al netto delle cronache di calcio-mercato - sono usciti dai radar ma nel frattempo Rebic è diventato degno del pennacchio di vice-campione del mondiale con la Croazia, Calhanoglu è uscito dal cono d'ombra nel quale si era infilato e lo schieramento nuovo (4-4-2), con difetti e pregi, sta offrendo maggiore sicurezza a tutti gli interpreti.
Allora c'è da fidarsi? La risposta è ancora prematura e non per paura di fallire un pronostico ma perché nel corso di questo gennaio da incorniciare ci sono stati errori e defezioni difensive al cospetto di rivali che non sono certo Juve o Inter. Ecco allora il riferimento non casuale. La nobilitate di questa svolta milanista è affidata alle prossime sfide, nel mese di febbraio, con Inter - derby di campionato - e con la Juve - semifinale di coppa Italia - che sono da sempre i passaggi cruciali di una stagione degna della storia e del fascino del brand. A dicembre, Rebic sembrava già rispedito al mittente tedesco; Castillejo pareva arrotolato su se stesso, e persino Leao, con i suoi ghirigori, era considerato una boccia persa. Adesso, invece, dentro un gruppo che comincia a funzionare anche Kjaer, bocciato da Gasperini col quale ha litigato duro, è diventato un pilastro di quella difesa che resta troppo scoperta in alcune giocate (vedi contropiede di Udinese e Toro). Su questi progressi, si staglia la sagoma gigantesca di Ibrahimovic.
Vederlo, martedì sera, dalla panchina di San Siro, offrire qualche dritta ai suoi sodali al pari di un allenatore, se ha dato il via alle solite battute da bar, ha di fatto certificato il suo ruolo di padre spirituale di Milanello dove tutti, a cominciare dagli esponenti dello staff tecnico, respirano un altro clima, registrano un altro indice di attenzione.
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