Da elitaria a democratica. La Superlega ci riprova e non dimentica Agnelli

Decalogo per il rilancio. Alla base l'allargamento a 60-80 club: garantite a tutti almeno 14 partite

Da elitaria a democratica. La Superlega ci riprova e non dimentica Agnelli

Il progetto Superlega si presenta con un nuovo «look» che parte da un principio diverso rispetto al recente passato: non più membri permanenti, si punterà sulla meritocrazia. Il tutto in attesa che la Corte di Giustizia Europea si pronunci - a marzo - sul presunto monopolio di Uefa e Fifa nell'organizzazione dei tornei internazionali.

Il progetto, sposato in partenza da 11 club e poi portato avanti solo da Real Madrid, Barcellona e Juventus, si fonderà su dieci punti cardine, che ruotano in parte anche attorno al dominio della Premier League inglese: il primo, appunto, quello della meritocrazia. Nel decalogo, poi, l'impegno e il rispetto nei confronti dei campionati nazionali, il miglioramento della sostenibilità finanziaria dei club partecipanti, la salute dei giocatori (non aumenterebbe il numero di partite a livello europeo), lo sviluppo del calcio femminile, la solidarietà verso il calcio di base e i club esclusi (con un contributo minimo annuo di 400 milioni di euro), la gestione delle competizioni in mano ai club e non «a terzi che beneficiano del sistema senza assumersi alcun rischio». Il format sarà quello di un campionato europeo aperto, con più divisioni e un numero tra 60 e 80 club partecipanti qualificati in base ai tornei nazionali, con un minimo di 14 partite garantite.

«La Superlega include le misure e le contromisure per affrontare i problemi che vediamo nel mondo del calcio, ora è tempo di mostrare la direzione che stiamo seguendo», ha aggiunto Bernd Reichart, l'amministratore delegato di A22 Sports Management, la società che promuove la nuova competizione. Reichart non si dice «preoccupato» della situazione della Juventus, alle prese con un processo sportivo e uno penale: «Continuerò a lavorare insieme ai rappresentanti del club bianconero in maniera costruttiva e produttiva e ad apprezzarli come partner impegnati nel progetto, che hanno a cuore la sostenibilità del calcio». Non chiudendo a un possibile ruolo futuro nel progetto per l'ex presidente del club Andrea Agnelli («in pochi conoscono il calcio europeo come lui»).

Dall'Eca (l'associazione dei club europei guidato da Al-Khelaifi) arriva un altro no, netto, senza possibili aperture al restyling del progetto e a ogni iniziativa «separatista». «La sostanza non è cambiata, la realtà alternativa di A22 non trova risposte in un mondo reale, quest'idea rimaneggiata è già stata proposta, discussa e completamente respinta da tutte le parti interessate nel 2019».

Stessa chiusura anche da parte dell'European League, l'organismo che rappresenta ufficialmente gli interessi di 40 organizzatori di competizioni nazionali provenienti da 34 paesi europei e 1092 club: «Non abbiamo mai incontrato A22 e non è mai stata consultata. Le leghe supportano pienamente l'attuale modello di calcio europeo per club che non si è rotto e non ha bisogno di essere riparato». La partita resta aperta, nei prossimi mesi il triplice fischio.

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