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Fabregas e il Como trampolino per il Barça

Parte dal lago la lunga corsa di Cesc verso i "suoi" blaugrana

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Dennis Wise ha costruito la sua fama menando e spedendo la gente al pronto soccorso. Anche amici e compagni di squadra. Ma questo prima, adesso è un manager di classe, si muove con estrema eleganza, grandi intuizioni e va giustamente celebrato. Durante la sua carriera nel Wimbledon e nel Chelsea era però considerato la mente e il braccio armato della Crazy Gang, il gruppo di calciatori che non faceva distinzioni fra campo e strada, attaccabrighe e spietati. Bene, Dennis Wise ne era l'emblema. Ma a lui si deve l'ingresso assolutamente bizzarro di Francesc Fabregas Soler nel nostro calcio al Como il primo agosto dello scorso anno, dove Wise oggi ricopre il ruolo di Ceo del club. Ma la notizia di questi giorni è l'annuncio del ritiro dal calcio giocato di uno dei più grandi talenti di questi anni, Cesc Fabregas lascia. Anzi no, al tempo. In una speciale classifica che ha messo in fila i migliori assist man del 21esimo secolo, Cesc è davanti a David Beckham, Karim Benzema, Wayne Rooney, Eden Hazard, Anreas Iniesta, Neymar, Arjen Robben e Kevin De Bruyne, giusto per citarne qualcuno, e si piazza al 6° posto con 234 assist in 800 partite, uno solo in meno di Angel Di Maria dietro agli inarrivabili 319 di Lionel Messi.

Campione europeo nel 2008 e nel 2012, campione del mondo nel 2010, Cesc ha sempre fatto notizia per la sua tormentata e straziante odissea con il Barcellona, amato e per qualcuno distrattamente odiato per esserne uscito giovanissimo, anche se poi le occasioni per diventarne un simbolo le ha avute. Lui che in quella cantera è cresciuto ma in prima squadra non riusciva ad entrarci, non era facile, non ha avuto pazienza e a sedici anni inizia a guardarsi in giro. C'è l'Inter ma è l'Arsenal di Arsene Wenger che l'11 settembre del 2003 lo ingaggia e lo fa debuttare con il record del più giovane di sempre a indossare la maglia dei londinesi. Poi finalmente tre stagioni al Barça il club del quale è tifoso fin da bambino, vince tanto ma qualcosa non funziona e torna in Premier al Chelsea: «Sono uscito dal Barcellona quando avevo ancora i pantaloni corti, poi ho passato momenti difficilissimi a Londra, non conoscevo la lingua e solo grazie a Wenger li ho superati. Quando sono tornato in Spagna ero un calciatore maturo ma ora, ripensando a tutto questo, ho il senso di come passi in fretta il tempo e quanto sia breve la carriera di un calciatore, il tempo mi è volato via. Il Barcellona è casa mia, tanti trofei ma uno solo è il grande rimpianto, mai vinto la Champions League».

Dopo il Chelsea secondo contatto con la serie A, al Milan sembra fatta ma irrompe il Monaco che poi non gli rinnova e lo lascia partire per Como a parametro zero. Cesc lascia ma non il Como, è questa la novità, allenerà la squadra Primavera.

Può succedere dopo vent'anni entusiasmanti da calciatore, e questa volta non deve avere fretta, in Spagna già scrivono che l'obiettivo neanche troppo nascosto è la panchina blaugrana, il grande sogno e magari una Champions da conquistare.

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