Noi abbiamo visto. Noi abbiamo vissuto un'era tennistica irripetibile, per quello che rappresenta Roger Federer e per quello che sono stati i suoi avversari. Soprattutto uno: Rafa Nadal. Noi abbiamo partecipato, con la passione che solo lo sport può regalarti, alla partita più sentita di sempre, la conclusione di un cerchio magico che ha esaltato il campione assoluto. Noi abbiamo goduto, di uno spettacolo solo pochi giorni prima inimmaginabile. Ma adesso?
Ogni volta che un campione si avvicina al tramonto il problema è sempre calcolare quando far calare il sipario. Succede a tutti, succede a molti, e non sempre il momento è in sincronia con il tempo che passa: per un Alberto Tomba che chiude i suoi slalom tagliando il traguardo da vincitore, c'è un Muhammad Alì che si fa riempire di pugni mentre cerca un passato che non tornerà. Per un Valentino Rossi che riesce ancora a dare qualche sgasata in faccia ai giovani, c'è un Totti che mestamente entra a giocarsi scampoli di partita solo quando l'allenatore gioca la carta della disperazione. Vincere e sparire: non è sempre facile. Roger Federer dopo il suo diciottesimo immenso Slam aveva fatto intendere che forse poteva anche essere arrivato il momento di dire basta: «Spero di tornare a Melbourne l'anno prossimo, ma se non sarà così è stato bellissimo comunque». Parole subito corrette, perché la fatica di un match così intenso aveva rubato energie alla mente: «Mi sono fermato sei mesi proprio per aver l'opportunità di giocare ancora due anni. Mi diverto ancora. Poi, certo, c'è che non sono più tanto giovane. Ma voglio giocare: sarò a Parigi ma punto a Wimbledon».
Tra due anni Roger ne avrà 37, la stessa età di Ken Rosewall quando vinse sull'erba di Londra nel 1972, ma molti anni in più di tutti quelli che premono alle sue spalle. E che corrono, come se corrono. Gigi Buffon, 39 anni due giorni fa, è ancora il numero uno, ma gioca in porta, lì ci vuole tecnica e coraggio. Ma molto meno fiato. Nico Rosberg, diventato campione del mondo di Formula 1 a 31 anni, ci ha pensato poche ore per dire addio: «Ho scalato la montagna, adesso torno a vivere». Opposti, in un mondo in cui non c'è una regola certa se non la propria.
Però ci siamo anche noi, combattuti tra l'idea che Federer finisca di regalarci le emozioni che solo lui sa dare e il terrore di vederlo un giorno uscire dal campo di tennis sconfitto, acciaccato, magari umiliato. «Se non dovessi più battere i migliori, allora capirei che è arrivato il momento di lasciare» ha detto in questo caso: solo che il migliore è lui, e non è facile misurarsi con se stesso.
Così magari, alla fine, il giorno giusto lo sceglierà Mirka, la moglie-guida che a Melbourne per la prima volta si è sciolta in pubblico baciando il suo Roger davanti a tutti. Deciderà per lui e soprattutto per tutti noi. Che non sappiamo dire basta a Roger Federer.
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