L'Italia che vince in Formula 1 viene da Faenza. Si chiamava Minardi, poi è diventata Toro Rosso e oggi è diventata Alpha Tauri, ma fa comunque suonare l'inno di Mameli nel deserto di Monza, alla fine del gran premio più pazzo della stagione. Senza Mercedes, senza Verstappen (azzoppato dal motore) e senza Ferrari (ma non è una novità purtroppo) la Formula 1 diventa folle e divertente e porta sul podio tre facce che non lo frequentano abitualmente: Gasly, Sainz e Stroll. Un milanese d'adozione, un ferrarista del futuro e il figlio di papà che poi così scarso non è (ma alla ripartenza il suo errorino lo ha commesso).
Nel 2008 a Monza aveva vinto la sua prima e unica gara l'allora Toro Rosso con un giovanissimo Sebastian Vettel. Quella volta Seb dominò sotto il diluvio fin dal sabato. Questa volta Gasly, con una bella battaglia fin sotto la bandiera con Sainz (ci credeva di più lui della McLaren) ha approfittato della penalizzazione di Hamilton rientrato in regime di Safety Car quando la corsia box era chiusa. Colpa del team più che di Lewis. Ma lui ha pagato con uno stop and go di 10, impossibile recuperare senza Party Mode. E nella sua rimonta furiosa si è visto per la prima volta in tutto il weekend che cosa significhi non poter cambiare le mappature del motore. La chiusura della corsia box andava segnalata meglio (un semaforo all'ingresso della corsia box non sarebbe una cattiva idea), ma il team avrebbe dovuto vederlo dai suoi monitor. Comunque non influirà sul mondiale, ma almeno non consentirà a Hamilton di raggiungere il record di vittorie di Schumacher al Mugello nel giorno del millesimo gran premio rosso.
È l'unica notizia positiva del weekend rosso finito nel peggiore dei modi con due Ferrari ritirate come non capitava da 25 anni a Monza, da quando nel 1995 una telecamerina staccatasi dalla Ferrari di Alesi andò a spezzare una sospensione dell'auto di Berger. Vettel è stato messo ko fin dai primi giri da un inedito problema ai freni dovuto alla Scuderia e non al fornitore (e meno male che gli è capitato dove la via di fuga era infinita), Leclerc ha sbagliato alla Parabolica andando a schiantarsi a 220 all'ora quando era sorprendentemente quarto dopo la ripartenza (ma vista come è finita con Raikkonen non avrebbe potuto fare miracoli). Errore suo, ma colpa di una Ferrari difficile da guidare e quasi pericolosa da portare al limite. Un anno fa quella curva la faceva al massimo con Hamilton incollato all'alettone, lo ha fatto per 53 giri con il cuore in gola. Quest'anno per tenere il ritmo di un'Alpha Tauri è finito a muro rischiando pure di farsi del male. «La macchina era molto difficile da guidare e io, visto che sono uscito, forse ho chiesto troppo», ha ammesso augurandosi di assorbire le botte prima del Mugello quando si spera possa finire l'incubo cominciato a Spa e proseguito a Monza.
I problemi della Ferrari sono così gravi da non permettere a Leclerc di tenere il ritmo dell'Alfa Romeo Sauber e poi di costringerlo a rischiare per restare attaccato al gruppone. Ogni volta si pensa di aver toccato il fondo. La speranza è che sia davvero così, perché peggio è difficile pensare.
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