Fleet & Mobility

Sempre più persone sono consapevoli che questo miraggio dell'auto elettrica non sta in piedi. I consumatori l'hanno capito dall'inizio e, infatti, se ne tengono ben distanti. Tra gli addetti ai lavori, alcuni l'hanno sempre saputo (o almeno sospettato), ma ovviamente non potevano e non possono dirlo. Gli altri esperti (presunti tali) diffondono acriticamente la buona novella.

Come stanno le cose nella realtà è presto detto. I prezzi degli elementi essenziali delle batterie stanno già schizzando (in due anni, più 40% il nichel e tre volte il cobalto) e ancora la domanda non ha superato la capacità estrattiva, cosa che è prevista nel prossimo decennio. Gli investimenti pubblici nelle colonnine tardano ad arrivare e affidarsi ai privati significa, in un mercato libero dell'energia, pagare un prezzo più alto di quello messo in conto al momento dell'acquisto. Per tacere della velocità (lentezza) delle ricariche.

In assenza di elettricità da rinnovabili, anche la dimensione ambientalista cade, comunque travolta dallo smaltimento delle batterie.

Ma allora, da dove viene tanta pressione? 1) Dalla Cina, che per non subire il gap tecnologico dei costruttori stranieri ha pensato bene di elettrificare il suo mercato, dopo essersi accaparrata quasi il monopolio del cobalto. Passare dagli arabi ai cinesi: non male. 2) Dalla Commissione europea che ha abbassato talmente i limiti per le emissioni di CO2 da rendere impossibile starci dentro con la tecnologia termica.

Di fronte a queste due mosse i costruttori hanno scelto di piegarsi, convinti di riuscire a convincere i consumatori.

Hanno messo in campo una tale potenza di fuoco che nei prossimi anni qualche punto di quota riusciranno a spostarlo. C'erano alternative?

Alla Cina si poteva rispondere che no, noi andiamo in giro con dei fantastici motori, che inquineranno sempre meno: liberi di comprarseli o di svilupparsi le loro macchine elettriche. Facile a dirsi.

Dopotutto, ci sono piaciuti 20 anni di magliette a 50 centesimi, e adesso paghiamo il saldo.

Ai governi si poteva opporre la chiusura di qualche fabbrica, dovuta alla minore domanda di auto rese più costose dalle multe della Commissione Ue, e che se la sbrigassero tra loro. Di nuovo, facile parlare.

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