Fucilata di Sagan. Capolavoro iridato

Lo slovacco vince da "isolato" Viviani ci prova troppo presto. La squadra italiana si scioglie

Fucilata di Sagan. Capolavoro iridato

Incomincia da dove molti finiscono. Peter Sagan, il folletto slovacco fino a ieri non aveva vinto una grande classica che sia una. Ci era arrivato molto vicino in più di un'occasione, ma ieri sulle strade di Richmond, l'estroso corridore slovacco ha conquistato quella maglia iridata che lo ripaga di tanti piazzamenti illustri.

Una maglia iridata per un collezionista di maglie. Per un ragazzo di soli 25 anni, che ha già vinto parecchio e nella sua personale collezione figurano già quattro maglie verdi consecutive della classifica a punti al Tour de France. È vero, non ha vinto la Sanremo (una volta secondo e due volte quarto), nemmeno il Fiandre (un secondo, un quarto e un quinto) e nemmeno la Roubaix (un sesto posto), ma ieri ha colmato questo vuoto andando a vincere il titolo iridato usando gambe e testa. Praticamente senza squadra, nascosto e invisibile per tutta la corsa, Sagan si è fatto vedere solo per lo show finale. Fa il vuoto in salita e completa l'opera con una discesa da autentico equilibrista delle due ruote.

Chi invece chiude a mani vuote è la nostra "giovine" Italia, che porta a casa un modesto 18° posto con Giacomo Nizzolo. «Siamo giovani e dobbiamo crescere - spiega Matteo Trentin a caldo -. Abbiamo corso molto bene, forse abbiamo solo commesso l'errore di giocarci la carta Viviani troppo presto. Ma questi sono errori di gioventù. Lasciateci crescere».

La sfida iridata ha un copione consolidato: fuga da lontano di otto corridori con il coreano Parl Sung Baek e altri sette audaci. La corsa fila via veloce, ad oltre quaranta chilometri all'ora. A sei giri dalla conclusione la prima vera accelerazione, con i belgi a forzare il ritmo e i tempi sul tratto in pavé: il gruppo si spezza, nel gruppetto di testa resta solo un italiano: è Vincenzo Nibali. Nel frattempo, in questa fase di corsa molto concitata cade Daniel Oss. Il trentino finisce contro una transenna posizionata davvero molto male e si procura un taglio profondo al ginocchio destro che lo costringe al ritiro: fuori uno.

Ad una trentina di chilometri dal traguardo, si rimescolano nuovamente le carte: vengono ripresi Siutsou (Bielorussia), Boivin (Canada) e Phinney (Usa) e grazie al forcing della Gran Bretagna sul Libby Hill, si forma un gruppetto di sette corridori con il nostro Elia Viviani lesto a non perdere il treno con un colpo a sorpresa. L'uomo che Davide Cassani aveva pensato di poter giocare nel finale, ecco che esce allo scoperto a due giri dalla fine e come un falco entra in un gruppetto di assoluto peso composto da Stannard (Gran Bretagna), Mollema (Olanda), Amador (Costa Rica), Boonen (Belgio), Moreno (Spagna) e il campione uscente Michal Kwiatkowski (Polonia).

La mossa degli azzurri è un po'

azzardata, perlomeno audace e spiazzante. Si prova con una mossa a sorpresa, poi i sogni e le speranze di gloria svaniscono e Peter Sagan, il folletto slovacco, salta sul gradino più alto del podio. Il mondo è finalmente suo.

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