Il Giro in 100 storie: dalla prima tappa a Nibali. Così un Paese si è risollevato con la bicicletta

L'ultimo libro di Ennio Doris e Pier Augusto Stagi. Dai campioni a chi l'ha fatto per scommessa: omaggio a una corsa dentro di noi

Il Giro in 100 storie: dalla prima tappa a Nibali. Così un Paese si è risollevato con la bicicletta

Milano - Cento storie e un Giro, dalla prima tappa nel 1909 all'ultima dello scorso anno con Vincenzo Nibali in maglia rosa e Michele Scarponi al suo fianco. Cento storie e un Giro come quella di Girardengo e di Sante Pollastri l'amico fuorilegge o quella infinita di Coppi e Bartali, della Cuneo Pinerolo del 1949, di Baronchelli che sfida Merckx sulle tre Cime di Lavaredo, di Panizza contro il mito Hinault, di Gianni Bugno in rosa dall'inizio alla fine, di Pantani e Tonkov nella «disfida» di Monte Campione, di Basso che si riscatta dopo la squalifica sullo Zoncolan, dell'omaggio di Sestriere a Contador «pistolero» immenso ma non come Ocaña e poi ancora di Nibali che tiene in piedi un Giro tormentato dal doping e dalla squalifica di Di Luca.

«100 storie un Giro» per raccontare un mondo che Ennio Doris, il presidente di Mediolanum, e Pier Augusto Stagi, giornalista e scrittore, rimettono insieme in un «bigino» che fa ordine tra giornali, articoli, foto di famiglia, grandi scrittori e grandi giornalisti come Brera e Montanelli. E che è un po' la storia di un Paese che non c'è più, che non aveva la tv in casa e riempiva le strade e le osterie per seguire le tappe, che impazziva per i ciclisti, che non poteva ancora permettersi una macchina e saliva in bici per riscattare la povertà del Dopoguerra. Di un ciclismo che nel 1951, nella domenica in cui il Milan vince il campionato, conquista il titolo d'apertura della Gazzetta dello sport con Fiorenzo Magni in maglia rosa. «Allora il ciclismo era davvero lo sport nazionale - ricorda Doris - Talmente popolare che gli arrivi di tappa venivano tenuti nascosti per evitare che fossero presi d'assalto, tanto bastava il passaparola...».

Cento storie di campioni ma anche di gente col ciclismo nelle vene come quel Tullio Foresta che in un'osteria, di Tombolo a un tiro di schioppo da Padova, si giocò 20mila lire che nel '51 erano soldi, per scommettere che sarebbe stato capace di correre tutto il Giro proprio come Magni. «E in paese non si parlò d'altro per una paio di settimane- ricorda Doris- C'era la gente che si alzava di notte per vedere come andava a finire la scommessa. Foresta? Alla fine vinse e nella foto che lo ritrae sorridente con mezzo paese c'e anche mio padre...». Un omaggio a uno sport che oggi è un'altra cosa. Che oggi è un po' meno romantico e forse meno affascinante. «Questo libro è un omaggio che abbiamo voluto fare al Giro- spiega Stagi- una corsa che magari non è ricca come il Tour ma che è dentro di noi e che attraverso i ciclisti e gli uomini racconta un Paese che con la bici è stato capace di ricostruirsi».

Un ciclismo e un Giro che tra pochi giorni ripartono con un velo di tristezza: «Scarponi mancherà a tutti- ricorda Stagi- L'ultimo capitolo di questo libro racconta la vittoria di Nibali lo scorso a Sant'Anna di Vinadio quando prende la maglia a Esteban Chavez. Scarponi fu fondamentale in quell'impresa.

Il giorno prima era in fuga con un distacco di oltre 4 minuti e il suo direttore sportivo lo fermò Michele, vuoi andare o aspetti Vincenzo?. Scarponi rispose da Scarponi: Vincenzo può vincere il Giro? Allora aspetto...».

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