Il Milan dei cinesi ha chiuso la porta in faccia a Paolo Maldini. E l'ha fatto con un bel comunicato ufficiale con il quale ha reso pubblico e definitivo la catena di comando cui toccherà guidare le sorti del club: e cioè Marco Fassone col ruolo di ad delegato e Massimiliano Mirabelli con la qualifica di ds. La spiegazione di una tale scelta è elementare e deve far capire da oggi per il futuro che non è possibile giocare a fare la principessa nel castello. Il Milan dei cinesi ha considerato l'intervista concessa da Paolo Maldini come il no definitivo all'offerta, presentata per iscritto, e illustrata a voce da Marco Fassone nella giornata di martedì. Anzi, proprio le frasi e le espressioni su alcuni esponenti della vicenda utilizzate dall'ex capitano, hanno provocato più di un risentimento tra la compagine degli investitori del fondo destinato a diventare l'azionista di maggioranza del club berlusconiano dopo il closing fissato per fine novembre. Non solo: ma è stato anche formalmente tradito l'impegno tra le parti di far filtrare la notizia dell'incontro senza aggiungere dichiarazioni ufficiali nell'attesa che maturassero le riflessioni dell'interessato. Poiché Maldini ha rotto il patto di riservatezza, i cinesi hanno firmato la nota, annunciato l'arrivo di Mirabelli e sbattuto la porta in faccia all'ex capitano.
Sono interessanti i particolari emersi del colloquio più recente che ha fatto seguito a una serie di precedenti appuntamenti tra Maldini e un esponente del fondo cinese («l'unico che parla inglese» la battuta utilizzata come se fosse una colpa per i cinesi che hanno investito, tutto compreso, quasi 1 miliardo di euro nel Milan non parlare inglese, ndr) e il faccia a faccia con lo stesso Mirabelli, avvenuti tutti a casa di Paolo Maldini in zona piazzale Lotto, perciò al riparo da taccuini e telecamere.
Durante questi incontri, in totale quattro, a dimostrazione della volontà di arruolarlo, Paolo Maldini ha ripetuto più volte di non voler riferire a Fassone del suo lavoro tecnico e anzi di reclamare per la sua figura un rapporto diretto con l'azionista di maggioranza, trascurando il dettaglio decisivo che trattandosi di un fondo e non di un solo proprietario come Silvio Berlusconi, la gestione è interamente affidata all'ad. Altro ostacolo, ancora più insormontabile, è stato rappresentato dall'aspetto economico. È vero che ufficialmente Fassone e Maldini non sono passati a discutere di cifre ma una serie di frasi spese dallo stesso padrone di casa hanno fatto intendere all'ospite che non ci sarebbe stata possibilità alcuna di intesa. Maldini, sul tema al quale è molto sensibile fin da quando era calciatore, è partito da lontano. Ha chiesto a Fassone: «Ma lo sa quanto guadagnava Leonardo al Psg?». E ancora: «Lo sa a quanto ammonta lo stipendio di Galliani?». E infine, che è forse la frase più significativa, ha commentato: «Non posso guadagnare meno di Antonelli». La differenza era enorme: offerta una cifra intorno ai 600 mila euro, richiesti 3 milioni.
A questo punto Fassone ha chiuso le porte non solo a Maldini ma anche a un'altra figura che possa occuparsi di scelte tecniche e lascerà l'uscio aperto solo per un altro eventuale ex milanista chiamato a occupare un ruolo diverso, tipo manager della squadra, replicando quello che fece Stankovic nell'Inter con Mancini allenatore.
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