I marziani della commissione culturale "Lo stadio Meazza non è un patrimonio"

Il paradossale assist alla demolizione: "Nessun vincolo dopo 70 anni"

I marziani della commissione culturale "Lo stadio Meazza non è un patrimonio"

Quelli del Times di Londra, della Camera di Commercio di Milano e dell'Università degli Studi, non avevano capito proprio nulla. Per gli inglesi San Siro Meazza è il secondo stadio più bello al mondo, per i responsabili dei commercianti e per i docenti universitari lo stesso stadio è uno dei tre simboli di Milano, dopo il Duomo e la Triennale. Sono capre, capre, capre perché la commissione regionale per il patrimonio culturale della regione Lombardia ha emesso il verdetto, San Siro va abbattuto perché: «È un manufatto architettonico in cui le persistenza dello stadio originale del 1925-26 e dell'ampliamento del 1937-39 risultano del tutto residuali rispetto ai successivi interventi di adeguamento realizzati nella seconda metà del Novecento e pertanto non sottoposti alle disposizioni di tutela del patrimonio perché risalenti a oltre 70 anni».

Si mutua, dunque, la teoria Colao, per la quale oltre i sessant'anni si debba restare a casa, se trattasi di anziani, e, nel caso di manufatti, si va alla demolizione. Quasi un secolo di storia buttato nei Navigli o nelle latrine della burocrazia e della politica. La giunta Sala aveva presentato la richiesta e i cosiddetti membri della commissione hanno preso al volo, come Ghezzi e Cudicini, la palla e l'hanno bucata, sgonfiando i sogni dei romantici e dei nostalgici. Non c'è spazio per i sentimenti ma soltanto per un nuovo stadio, questa è la furbata, non c'è rispetto per il Times e la Camera dei Commercio e l'Università, quelle erano teorie da salotto fané, oggi come Citylife dimostra, la vita è un'altra, così come la cultura che germoglia nelle varie costruzioni erette in città, destinate a entrare nella storia oltre che nei libri contabili e in alcune vicende giudiziarie. Il paradosso si amplifica pensando a Roma, dove si continuano a considerare patrimonio culturale le macerie dell'ex ippodromo di Tor di Valle ostacolando di fatto la costruzione del nuovo stadio giallorosso.

San Siro Meazza non è più degno nemmeno di una ristrutturazione, come è capitato a Wembley imperiale, probabilmente avremo sponsor che daranno un nome più nobile di quello di Pepìn Meazza, figlio di una verduratta, come scrisse Gianni Brera per il nostro Giornale. Vanno di moda altri eroi, altri simboli, altri stadi. Anche il Duomo ha fatto il suo tempo, anche il Palazzo dell'Arte che ospita la Triennale puzza di un ventennio, come lo stadio di football, andrebbe affrontata, una volta per tutte. Qui non si tratta di difendere una chiesa, quella del calcio, ma di capire perché e per come si intenda cancellare, con la scusa dell'interesse culturale, quello che rappresenta davvero un timbro sul passaporto internazionale della città di Milano.

«La prima volta che vedi lo stadio Giuseppe Meazza è impossibile non avere un sussulto. Quando è illuminato, sembra una nave spaziale atterrata nella periferia milanese».

Lo ha scritto Tony Evans, direttore del Times. È lo stesso sussulto che si prova leggendo la sentenza della commissione regionale per il patrimonio culturale della Lombardia. È questa l'unica astronave atterrata a Milano. Marziani.

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