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"I miei giorni prigioniero in compagnia del mare"

Oggi l'Italia torna ad allenarsi. Il campione di nuoto Gregorio Paltrinieri racconta il suo lockdown e il legame col Paese che lotta e vuole lavorare

"I miei giorni prigioniero in compagnia del mare"

Il sole inizia a scaldare. Gregorio guarda il mare dal balcone, si volta verso la Leti, sorride, «allora scendo» le dice. L'appartamento in riva al Tirreno è la sua, la loro, prigione dorata. Un campione olimpico e del mondo e d'Europa e la fidanzata dottoressa neolaureata in medicina chiusi in un alloggio aperto sulle onde che rumoreggiano cinquanta metri più avanti. «La spiaggia è privata, appartiene alla palazzina» spiega Greg, «è come se fosse il nostro giardino e la sabbia con lo spicchio di mare di fronte rappresentano i miei duecento metri attorno casa dove prendere aria, camminare e...»

Nuotare?

«Sì, nuotare. L'ho fatto qualche volta. Dieci minuti al massimo, cinquanta metri avanti, cinquanta a destra, cinquanta a sinistra, per muovere le braccia e il corpo e restare amico dell'acqua prima che mi congelassi. Faceva troppo freddo, rientravo subito. Ma va bene così. In questi giorni, quelle poche bracciate mi hanno permesso di restare a contatto con il mio elemento. E di rispettare le regole. Non me la sarei sentita di andare più in là, sarebbe stato come violare i 200 metri, meglio rimanere nel mio piccolo giardino fatto di onde. Se oggi però, nonostante la riapertura degli allenamenti individuali, le piscine dovessero restare ancora chiuse in attesa delle linee guida del comitato tecnico scientifico della Protezione civile, da oggi questo mare attorno diventerà davvero la mia piscina».

Il freddo però resta.

«Ma c'è un sole che comincia a scaldare. E ho la muta pronta. Per affrontare il via agli allenamenti il mare basta e avanza».

Riassumiamo, Greg: appartamento fronte mare, spiaggetta, privata, fidanzata medico in lockdown accanto, hai capito tutto...

«Se non fosse per il momento tragico, direi una situazione quasi idilliaca per noi due. Chiamiamola fortuna nella grande sfortuna di un dramma che coinvolge il mondo. È vero. Qui ho tutto per affrontare l'emergenza. È il motivo per cui non ho lasciato Ostia per rientrare a Carpi. Cosa avrei fatto lì? Almeno vivo nel mio appartamento, mi affaccio al balcone e guardo il mare. Anche Leti, doveva iniziare la specializzazione, ma prima c'è un esame da passare. Tutto fermo anche per lei. Per cui è qui che studia».

Ti manca la piscina.

«Molto. Fino a qualche settimana fa, all'ultima stretta del lockdown, avevo continuato a nuotare stabilmente nel Centro federale di Ostia. Poi lo stop. Mi alleno molto a secco».

Ma da oggi il via libera.

«Lo vorrei, ma non credo andremo subito in vasca. Vediamo, la situazione evolve di ora in ora, servono le linee guida del governo sulla sicurezza. Senza contare, poi, che le piscine hanno bisogno di manutenzione per ripartire; anche se fin qui si è fatto il possibile per tenerle in funzione, intendo filtri, depuratori, ricircolo. Il Centro federale di Ostia sicuramente è pronto. Così gli altri impianti della Federazione. Ma tutte le piscine e i centri sportivi di base in giro per l'Italia dove si allenano molti miei compagni? È anche un discorso di equità sportiva. Fa bene il presidente Barelli, la Federazione, a chiedere tutte le garanzie a Governo e Protezione civile. Non solo: va anche chiarita la questione dei fondi da destinare a impianti sportivi e piscine. Come può una struttura aprire per far allenare una manciata di atleti nazionali? Ha bisogno del pubblico per rientrare dei costi. E in assenza di esso, di fondi statali».

Per cui, se le piscine tardassero, tanto mare...

«Per forza. Almeno potrò farmi dei bagni più lunghi e allenanti in mare, senza limitarmi a 200 metri. Un conto è però fare due bracciate e un altro un allenamento completo e le ripetute. Servirebbero boe, canoe per seguirmi, il tecnico sulla spiaggia. A lungo andare non sarebbe semplice. Ecco perché è una priorità che le piscine riaprano. Certo, in fondo è andata ancora bene che abbiano rinviato le Olimpiadi. Fra due mesi nessuno sarebbe stato pronto».

La scelta di aggiungere a 800 e 1500 stile in vasca le gare di fondo in mare si sta rivelando la tua ancora di salvezza per restare in forma?

«È vero. Chi l'avrebbe mai detto. E guardandola da questo punto di vista, intendo del fondo, lo slittamento dei Giochi mi dà un anno in più per farmi trovare ancora più pronto nella 10 km...».

Obiettivo triplete più concreto.

«Voglio far bene, questo è certo. E prima della pandemia, in effetti, non avevo più disputato molte gare in mare. Per cui un anno aiuta. Certo, aiuta solo se puoi gareggiare. Speriamo che in settembre si riparta con le competizioni».

Quanto ti costa non fare i Giochi?

«Se me lo avessero detto qualche mese fa, avrei detto no, io le Olimpiadi le voglio fare quest'anno punto e basta. Ora penso che alla fine di tutto non cambi molto; le mie motivazioni restano alte; sarò magari più pronto sotto alcuni aspetti».

Tuo padre Luca dirige un'importante piscina a Carpi, la Coopernuoto.

«Ogni giorno è là che ci lavora per tenerla operativa. La manutenzione è costante nonostante sia chiusa. È una situazione difficile; loro sono bloccati da più di due mesi, perché si fermarono subito per la sanificazione dopo un caso di Covid».

Le piccole e medie imprese italiane rappresentano l'ossatura economica del nostro Paese. E sono tra le più colpite dalla crisi provocata dalla pandemia. Tu sei loro testimonial.

«Sì, della Confapi. Proprio l'altro giorno parlavo con il presidente, Maurizio Casasco (anche n°1 dei medici sportivi italiani, ndr). La situazione è davvero drammatica. Hanno una gran voglia di ricominciare. Se penso a me, solo due mesi fa mai avrei immaginato di ritrovarmi completamente fermo a maggio. Così loro. Entrambi scalpitiamo per ricominciare, e sono certo che quando sarà ci metteremo dentro ancora più di prima».

Come mai la scelta di Confapi? È anomalo per un atleta diventare testimonial di tante piccole imprese assieme.

«Lo sono da anni. È una vicinanza nata dalle origini comuni. Loro come me sono realtà che hanno iniziato la propria avventura senza avere niente. Io da Carpi senza grandi ambizioni ma con il desiderio di lavorare e sacrificarmi, così quelle piccole imprese. Sono partito da zero io come atleta, sono partite da zero loro come aziende, senza poter contare su aiuti come avviene invece per le grandi industrie. Per questo, serve che il Governo intervenga in modo massiccio in loro sostegno, così come per lo sport di base. E sono fiducioso che tutto ciò presto accada».

Tu sei appassionato anche di calcio. In quel mondo c'è chi non ha gradito che lo sport individuale potesse riaprire oggi e il pallone no. Ieri il governo ha dato l'ok anche al calcio.

«Sono sempre stato uno che cerca di farsi gli affari suoi e che non prova fastidio o invidia. Il calcio mi appassiona. Non mi verrebbe mai di pensare, se dovesse iniziare prima, perché noi no? Le cose vanno fatte con giudizio e in sicurezza. Ognuno inizia quando deve. Non ci si mette in competizione su questioni così banali. Non sono questi i problemi.

Adesso c'è ben altro a cui pensare nel nostro Paese».

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