Il Milan imbruttito di Europa League si è rimesso dinanzi allo specchio per capire se è tutta colpa di una serata nata male e conclusa peggio o se invece è il caso di accendere i riflettori su acciacchi e difetti improvvisamente vistosi.
A Milanello, che è poi quel che conta, hanno dimostrato d'aver colto il significato dello zero a tre con il Lille. Troppi errori commessi (da Romagnoli a Donnarumma) in una sola sfida, tanti limiti traditi in un colpo solo (zero gol come mai accaduto nelle 24 precedenti puntate): di qui la conferma che si è trattato di una eccezione. Anche nelle reazioni, a caldo e meditate, la maturazione del gruppo è emersa in modo limpido. Ha dettato Kjaer, uno dei pochi a salvarsi dal naufragio: «Le sveglie ogni tanto fanno bene». E Romagnoli, suo compagno d'armi, è stato ancora più esplicito riconoscendo le proprie responsabilità in materia di rigori provocati: «Dobbiamo aiutare gli a non sbagliare», riferimento esplicito ai due interventi in ritardo tra Udine e Lille. Adesso il Milan deve provare a superare i prossimi confini: solo così potrà dimostrare che i suoi non sono limiti abilmente nascosti dall'incipit del torneo. A cominciare dal Verona che è squadra tosta, solida, concreta, pochi squilli di tromba e molta corsa, tanta marcatura a uomo.
Anche l'uscita di scena di Ibra (che sarà premiato dalla Lega serie A quale miglior calciatore del mese di ottobre), con quei gesti ripetuti delle mani all'atto della sostituzione, è un sintomo preciso di quel che è accaduto dentro lo spogliatoio di San Siro e subito dopo. Nessun litigio, nessuna discussione: tutti o quasi a testa bassa ad ascoltare l'intemerata dello svedese. Il gruppo ha pagato il conto, inevitabile, alla striscia straordinaria di successi e alla marcia delle prime sei sfide di campionato. Marcature allentate, tensione svanita, attenzione scaduta, rendimento insufficiente da parte di alcune pedine (Castillejo afflitto dalla pubalgia, Krunic nel ruolo sbagliato di esterno sinistro, Tonali ancora alle prese con l'inserimento nei nuovi meccanismi di gioco): ecco la spiegazione razionale al black out di San Siro.
Ma ci sono anche degli interventi da fare, delle sveglie da recapitare per dirla alla Kjaer.
Per esempio Theo Hernandez di questa parte della stagione non è il freccia rossa dei mesi passati, capace di saltare qualsiasi ostacolo e di concludere in gol con stoccate di rara potenza e precisione. Se Deschamps, ct della Francia, continua a ignorarlo, non è certo per fatto personale. Si è fermato Theo, forse si è impigrito.
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