Claudio Lotito da sempre viaggia in una direzione ostinata e contraria. Una strada tutta sua che lo ha reso abile nel compattare il consenso tra i litigiosi presidenti della serie A, ma oggi il suo spirito combattivo non è ben visto da molti. Ha sempre una carta da giocarsi, dall'economia alla medicina («Ora sei pure virologo...» gli disse Agnelli in una delle recenti assemblee di Lega): la Lazio ha spinto da subito per la ripresa del campionato, fiutando la grande occasione di poter interrompere l'egemonia della Juventus in campionato.
Ma come un timer mal funzionante - o forse volutamente programmato - sta intervenendo in maniera intempestiva ogni volta che il calcio cerca di mettere un tassello al difficile mosaico della ripartenza. Lotito voleva far allenare la squadra il 23 marzo, nel pieno dell'espansione del virus, e con una decina di casi positivi ufficializzati in serie A; il gruppo biancoceleste fu «beccato» a metà maggio a disputare partitelle tre contro tre in un periodo di allenamenti individuali, pochi giorni prima dell'ok del Cts per le sedute di squadra. Facendo fare una brutta figura al medico sociale Ivo Pulcini, costretto a smentire quanto raccontato da alcuni organi di stampa, nonostante lui si fosse dichiarato assente da Formello in quel giorno.
E alla vigilia dell'incontro decisivo per avere il via libera alle gare da giugno, lo stesso Pulcini entra a gamba tesa. Attaccando il Comitato tecnico scientifico sul tema più spinoso del protocollo: la quarantena di squadra per un positivo che dovrà durare 14 giorni anche in periodi di partite. «Il Cts si prende gli onori, ma dovrebbe prendersi anche gli oneri. Dovrebbe prendere in considerazione la curva epidemiologica e il momento in essere». Cita l'articolo 42 del Decreto Cura Italia varato dal Governo («gli atleti sono parificati ai lavoratori dipendenti») e arriva all'assunto: «Se contagiati, i giocatori vengono parificati agli infortunati. Come medico ho il diritto e la competenza professionale ad esercitare la mia professione e la mia responsabilità. Se decido io, mi assumo la responsabilità; se decidono loro, si assumono loro la responsabilità. Mettere in quarantena 50 persone nel caso ci sia un solo contagio è contro il codice deontologico.
Una persona sana deve essere considerata sana e non malata, mi potrebbero radiare dall'albo dei medici. Farò di tutto per far valere le mie ragioni e non metterò in quarantena un soggetto sano». Anche in questo la Lazio vuole andare controcorrente.
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