Calcio

Inter, ecco i tre indizi che fanno una prova. Ma Inzaghi alla sosta paga un'altra verità

Il Bologna, dopo Real Sociedad e Sassuolo, evidenzia i limiti della rosa nerazzurra stravolta dal mercato. E il tecnico lotta contro i fantasmi delle "piccole"

Inter, ecco i tre indizi che fanno una prova. Ma Inzaghi alla sosta paga un'altra verità

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La sosta, finalmente. Ma forse mai come stavolta Simone Inzaghi avrebbe voglia di ricominciare oggi e giocare domani. Invece ha lasciato liberi i non nazionali fino a mercoledì e dato appuntamento a tutti gli altri, partiti per mezzo mondo, a metà della prossima settimana. Nel frattempo, sbollirà la rabbia per il pareggio col Bologna, tanta come forse mai in 3 stagioni di Inter. «La mia squadra non può non vincere una partita così». Il secondo inciampo casalingo in 10 giorni, il terzo flop fra una sosta e l'altra, contando ovviamente la sconfitta col Sassuolo e anche il pareggio di San Sebastian, che però a fine girone sarà utile, altroché.

Sindrome di provincia, calo di concentrazione, stanchezza post Champions, incapacità di cambiare registro in corsa: è già partita la caccia, non alle streghe ma al colpevole, e l'indiziato numero uno è sempre lui, Simone Inzaghi (foto). È chiaro che se credi che l'Inter sia decisamente la più forte di tutte, se alla sosta è scivolata alle spalle del Milan, che pure aveva battuto nel derby, allora la colpa non può che essere di chi la guida. Se però ammetti che anche quest'anno la squadra è stata indebolita e non solo stravolta, allora è più facile ammettere e concederle qualche colpo a vuoto. Anche in casa, anche contro squadre più deboli, anche se vai in vantaggio, soprattutto se sei stanco.

Per qualcuno, è sempre colpa di Inzaghi, sia se cambia troppo come a San Sebastian, sia se non cambia niente, come contro il Bologna. Finalmente però si comincia a comprendere quanto sia corta la coperta in attacco, dove Sanchez non ha ancora portato nulla e chissà se e quando lo porterà, e dove si aspetta il rientro di Arnautovic, nemmeno fosse... Lukaku. No, non è Lukaku: lo dicono la sua storia e il suo presente. E buon per l'Inter che Thuram sia entrato subito negl'ingranaggi della squadra (che sia anche merito di chi lo allena?), ma anche lui non può giocare sempre e già col Bologna si è capito.

L'infortunio a Frattesi non ha aiutato, ma gl'infortuni sono di tutti e certamente giocheranno una parte importante sulla via dello scudetto. L'ex Sassuolo e Pavard hanno assorbito gran parte del budget di mercato. Nessun dubbio che si tratti di due giocatori di valore. Il francese, campione del mondo, 160 partite e 4 anni di Bayern, alza sicuramente i livelli individuali della difesa, ma finisce per oscurare Darmian, destinato di volta in volta a dare solo respiro a Pavard o Dumfries, un lusso che una squadra con Arnautovic e Sanchez in attacco forse non potrebbe permettersi. Pavard è costato 32 milioni, i soldi non spesi per Lukaku, il doppio di quelli che servivano per Taremi. Scelte. Si vedrà quanto pagheranno.

La rinuncia a Brozovic è stata dettata dalle necessità economiche del club, nessuna voglia di imputarla ai dirigenti, ma resta che fra il croato e Asllani ci sono al momento due categorie di differenza.

Basta ricordarsene quando si parla di turnover e della doppia Inter.

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