Una ripartenza per due. In un girone Inter-Napoli passa da sfida scudetto a lotta per la sopravvivenza dei sogni. La squadra di Luciano Spalletti deve restare aggrappata a un posto in Champions league di vitale importanza; gli uomini di Maurizio Sarri devono ripartire subito per tenere aperto il discorso scudetto. Stasera a San Siro si ritrovano di fronte due formazioni dagli stati d'animo solo apparentemente simili: l'Inter, complice il derby rinviato, è ferma alla vittoria sofferta con il Benevento dopo la miseria di nove punti in dieci partite; il Napoli ha interrotto la striscia di dieci vittorie di fila incassando un clamoroso poker dalla Roma, anche se ha dimostrato tutt'altro che di essere una squadra in crisi. Stanno decisamente peggio i nerazzurri, della capolista. Ma Spalletti su questo vede in vantaggio l'Inter: «Loro arrivano da un passo falso, noi da qualcuno in più. Se loro devono essere arrabbiati, avere una reazione, la nostra dovrebbe essere superiore».
Può essere un esercizio fine a se stesso dare una spiegazione come si possano accumulare sedici punti di ritardo, passando da un meno due a un meno diciotto (i nerazzurri hanno comunque una gara da recuperare). Ma non bisogna dimenticare che in quel sabato di ottobre, i nerazzurri si presentarono a Napoli addirittura per il possibile sorpasso in vetta. Erano i giorni di Spalletti stile Herrera e Mourinho, di Inter da scudetto. Al San Paolo i nerazzurri furono ordinati, si presero qualche rischio di troppo nel palleggio, e alla fine lo zero a zero fuori fu accolto come un'impresa. Non da Spalletti, che quasi a presagire l'arrivo delle difficoltà, avrebbe voluto il bottino pieno e ancora oggi rimprovera a quella squadra di non essere stata cinica perché bisogna battere il ferro finché è caldo.
Invece Sarri si lamentò di un'Inter catenacciara. Giorni in cui era più facile fare governi in serie A che non nel Parlamento appena eletto. Spalletti definì alla vigilia ministro dell'Economia il collega, che fu pungente nella risposta: «Io sarei stato ministro dell'Economia se avessi continuato in banca? Spalletti, a vederlo stasera, è il ministro della difesa...». Immediata la risposta di Spalletti: «So anche attaccare, l'anno scorso gli sono finito davanti...».
Erano anche i tempi dell'Inter seconda della classe ma che «schiera sempre gli stessi», un po' come Sarri che ha i suoi titolarissimi. Ma appena Spalletti, più per necessità che per scelta, ha dovuto cambiare, sono iniziati i problemi. Solo una coincidenza? L'Inter faceva paura, Sarri si aggrappò a una delle sue polemiche sul calendario, indicando nell'Inter la favorita perché giocava solo una volta a settimana. Spalletti fu lapidario: «La Juventus giocando sempre ha vinto sei scudetti. Se Sarri vuole provare, arrivi settimo e giochi un altro sport. A noi piacerebbe giocare tre-quattro volte a settimana».
Fu il momento più ravvicinato di una sfida, anche dialettica. Così cinque mesi dopo il tecnico nerazzurro esalta il collega: «La sua idea di calcio potrebbe dare spunti a chi deve decidere su quali concetti far ripartire il nostro pallone». Involontaria nomination per l'Italia, per poi dire: «Non firmo per il pari». Che servirebbe poco a entrambe, ma anche per l'attitudine della sua Inter agli scontri diretti: nessun ko, anche se dopo le vittorie iniziali con Roma e Milan, ha collezionato quattro timidi pareggi con lo stesso Napoli, la Juventus, la Lazio e al ritorno con i giallorossi.
Due squadre che per il rilancio riabbracciano anche i rispettivi capitani. Icardi non gioca dal 28 gennaio. Hamsik ha iniziato in panchina contro la Roma, reduce da un'influenza.
L'argentino quindi più arrugginito dello slovacco. Entrambi a quota 99 gol in serie A. Chi urla «Cento, cento, cento...» a San Siro, non è su Ok, il prezzo è giusto, ma fa girare la ruota della sua squadra su ok, la ripartenza è buona.
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