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Inter remake di un film horror Un fallimento nato ad Appiano

Preparazione pasticciata da tre tecnici e giocatori senza personalità. Oltre a troppi errori sul mercato

Inter remake di un film horror Un fallimento nato ad Appiano

Per "remake" s'intende il rifacimento di un film o di uno spettacolo teatrale, solitamente con risultati modesti. Con l'Inter il fallimento è certo. Irripetibile la stagione del triplete, improbabile persino la riedizione della squadra che s'aggrappava ai gol di Icardi e alle parate di Handanovic. Nel derby l'attaccante ha fatto cilecca in ogni senso, nella sfida in Israele anche il portiere ha tradito la causa facendosi ammonire due volte, in un caso per aver ritardato il gioco sul finire del primo tempo (ma si può?), nell'altro per un inutile intervento da kamikaze. E così i nerazzurri si sono fatti battere per la seconda volta dal Be'er Sheva che in Europa League è rimasto a secco in tutte le altre gare. Il Be'er Sheva, non il Barcellona. Una vecchia storia, i tifosi ormai ci hanno fatto il callo.

Eppure s'era visto e apprezzato qualcosa di nuovo dopo l'arrivo di Pioli. L'Inter ha mostrato il lato migliore di sé nei primi 45 minuti con il Milan comandando le operazioni e creando 2-3 palle-gol. Peccato che abbia pagato a caro prezzo gli errori sotto misura e gli svarioni difensivi. Buonissima anche la prestazione nella capitale del Neghev fino al decimo della ripresa, cioè al legno colpito da Icardi che poteva valere il 3-0. Poi è sceso il buio. E questa dannatissima squadra è tornata ad essere arruffona, fragile e vulnerabile come in passato. A significare che Pioli, pur avendo le capacità di correggere la rotta, deve convivere con un gruppo costruito male. L'eliminazione dall'Europa, con le naturali conseguenze sul piano economico e mediatico, arriva da lontano.

Nello specifico. L'Inter cala alla distanza perché non ha gamba, non corre abbastanza e copre il campo meno degli avversari. Il cambio di allenatore a stagione iniziata ha sicuramente penalizzato la preparazione del gruppo: Mancini ha cominciato in un modo, De Boer ha proseguito in un altro, a Pioli il compito di sistemare i cocci. Altro che festività, qui c'è da lavorare sodo anche a Natale e Capodanno. Questo è il primo punto da risolvere. Il secondo riguarda la scarsa propensione a fare gruppo, essere complici, aiutarsi l'uno con l'altro. «Siamo presuntuosi, non sappiamo soffrire, abbiamo dimostrato di saper fare belle cose, ma solo a metà», ha diagnosticato Pioli. Proprio vero. Il primo gol del Milan è stato favorito da Kondogbia che s'è ben guardato dall'inseguire Bonaventura. In occasione del secondo, Miranda s'è fatto prendere in giro da Suso. In Israele Murillo è stato inguardabile. In più occasioni s'è parlato del centrocampo che non fa interdizione, forse varrebbe la pena di sottolineare (ed eccoci al terzo punto della disfatta) che Miranda e ancora più Murillo non valgono Bergomi e Ferri. Lo dicevano anche i vecchi interisti alla presentazione del libro autobiografico di Ernesto Pellegrini. Per la cronaca l'Inter ha incassato 14 reti nelle ultime 5 trasferte europee: quasi 3 a partita. E allora di cosa parliamo? D'una squadra sopravvalutata che però è in grado di saper giocare un buon calcio se tutti i suoi interpreti rendono al livello degli ingaggi. Il quarto aspetto, che poi fa da summa agli altri, è la mancanza di personalità: non c'è un giocatore che sappia caricarsi di responsabilità con i fatti, non a parole. Un tempo c'erano Facchetti, Picchi, Mazzola e Suarez; Brehme, Bergomi, Ferri e Matthaus; Samuel, Materazzi, Zanetti, Milito ed Eto'o. Oggi boh... E qui rientrano in ballo le scelte di mercato.

Nel posticipo di lunedì l'Inter, con Joao Mario nuocvamente in regia e Thohir in tribuna dopo parecchio tempo, cercherà l'ennesimo riscatto contro la deludente Fiorentina di questa stagione, che però ha vinto tutte e quattro le sfide degli ultimi due campionati.

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