«Pirelli ha nel Dna passione e competizione, allo sport è legata come sponsor di tante competizioni internazionali. E io ho la fortuna di essere appassionato di molte discipline». Marco Tronchetti Provera insomma non è solo calcio, visto che ha legato il nome dell'azienda anche (soprattutto, ma non solo) a motori, vela e sport invernali; e nella sede milanese della Bicocca molte cose intorno a lui ricordano le sue grandi passioni. Tra queste però attualmente la più tormentata è quella per l'Inter, con quel nome che campeggia sulle maglie nerazzurre da più di 20 anni. Legati all'epoca Moratti e ora anche quella Suning, «un nuovo grande azionista che crede nella storia nerazzurra e farà di tutto per rilanciare le ambizioni della società». Tronchetti lo afferma con lo sguardo convinto e dopo un anno così è quello che i tifosi dell'Inter vogliono sentire. Da uno dei primi tifosi.
Dottor Tronchetti, cosa dire dopo una stagione del genere?
«Solo che è arrivato il momento di girare pagina. Questo sarà il primo anno della nuova Inter».
È ottimista, dunque.
«È iniziato un nuovo percorso: il gruppo Suning è arrivato quando i giochi erano già stati fatti, la gestione già impostata. In questi mesi hanno fatto esperienza e ora passeranno all'azione. E vedo grande impegno».
Come giudica la presidenza Thohir?
«Una transizione. E in quanto tale è stato un periodo che ha lasciato incertezze: nel calcio e negli affari se non c'è un percorso chiaro a breve e medio termine, è difficile avere ambizioni».
Si dice: Thohir ha risanato le finanze del club.
«Non c'era nulla da risanare: Moratti aveva fatto un percorso lungo e di successo ed era una garanzia per l'Inter. Thohir si è presentato come un'opportunità, invece poi si è rivelato una transizione. Adesso finalmente l'Inter torna ad essere una società che ha alle spalle un gruppo che ha forza e volontà di rilanciarla ai livelli che merita».
Cosa può raccontare della famiglia Zhang?
«Mi lasci dire di Steven, un giovane serio che si è impegnato prima di tutto a capire la realtà in cui si è calato. Si è stabilito a Milano e sta studiando l'italiano: sta facendo le cose giuste per il compito che si è assunto. E, sono sicuro, per avere successo nelle scelte che farà».
A proposito di scelte: Conte o Spalletti?
«Non mi pronuncio: bisogna lasciare alla società le sue responsabilità. E supportarla. Mi permetto solo un unico consiglio: è l'ora di decidere. I campionati sono finiti e il momento è delicato».
Una curiosità: cosa pensa del caso Gabigol?
«Come si dice: è un black box. Un mistero, anche per me.
E, da tifoso, della contestazione della curva?
«La curva ha le sue emozioni, positive e negative. È come il loggione della Scala. E a proposito di Scala, ma del calcio: io sono per un San Siro ristrutturato. E lo dico da tifoso pluridecennale».
L'anno prossimo insomma dovrà essere Champions...
«Da Madrid in poi abbiamo avuto i nostri 7 anni di guai, come avessimo rotto uno specchio, come se avessimo ricevuto una punizione biblica. Ora è superata...».
Intanto la Juve può vincerla e fare il triplete.
«Possiamo solo farle i complimenti: hanno una squadra fortissima, lo stadio. L'impegno della famiglia Agnelli in questi anni è stato totale. Questo ci può far soffrire, ma è la pura verità».
Anche uno stimolo.
«Credo che anche alla Juve faccia bene avere concorrenza. Il calcio è sfida e l'Italia ha bisogno di grandi squadre: il ritorno dell'Inter ad alto livello, e spero anche del Milan. Oltre alla conferma di Roma e Napoli. Più grandi squadre vuol dire più competizione».
Nel calcio italiano servono anche nuove regole.
«Serve prendere spunto anche dagli altri grandi tornei e muoversi in questa direzione. Sotto una soglia di incassi si creano disparità, si devono trovare fonti di ricavo da una nuova platea di tifosi in arrivo. Ci vogliono tecnologia e digitalizzazione».
La strada a cui si sta aprendo la Formula 1...
«La competizione è tutto: Pirelli nei motori è attiva in circa 350 campionati, per noi la competizione è forza. Si deve partire da questo».
A proposito: quest'anno i gommoni funzionano.
«Siamo contenti. All'inizio della nostra partnership c'erano stati dati obbiettivi diversi, chiesti pneumatici che avessero degrado: noi li abbiamo forniti. Poi abbiamo preteso chiarezza: per noi nelle corse deve emergere il pilota e i campioni si devono divertire per far divertire il pubblico. Mi pare che quest'anno sia così: la classe dei piloti fa andare le macchine al limite».
Dunque era giusto che Ecclestone si facesse da parte?
«Ma questa è ancora la F1 che ha inventato Bernie! Ha saputo creare le gare più belle del mondo, è stato un vero genio. Le cose ora cambieranno, ma lui rimane un patrimonio di conoscenza e competenza».
Alonso però preferisce Indianapolis a Montecarlo...
«Una situazione particolare. Si diceva prima dei campioni: mi auguro che trovi presto il modo di essere in una squadra competitiva in Formula 1. Se lo merita».
Pirelli ha investito anche nella F1 del mare: la coppa America.
«Le dicevo, è nel nostro Dna: bellezza e tecnologia. Il brand Pirelli compare su Team Emirates, sono barche affascinanti: oggetti volanti sull'acqua, grazie ai timoni sponsorizzati da noi naturalmente... Scherzi a parte saranno sfide molto divertenti per il pubblico. Ma le devo confessare che io sono più tradizionale: amo i monoscafi».
Tornando al calcio: domenica è l'ultima di Totti.
«Un giocatore ingiudicabile, come ingiudicabili sono i campioni assoluti. È stato cuore, anima e classe: se la Roma in questi anni è rinata varie volte è stato grazie al fatto di avere un simbolo come lui. E i simboli fanno andare allo stadio anche nei momenti difficili».
Sogna ancora Messi all'Inter?
«Messi è un simbolo, il più grande degli ultimi decenni: è la creatività del calcio. Poi ci sono altri grandissimi campioni come ad esempio Neymar, Cristiano Ronaldo, Gabriel Jesus. Messi però è il simbolo della fantasia e il calcio deve regalare sogni».
Anche in tempi di fairplay finanziario?
«Un grande campione fa sempre la differenza».
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