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"Io il grande favorito alla prima di Federer. E Milano tifava per me"

Il francese e la finale di venti anni fa contro Roger: "Non sapevo di aver davanti un re"

"Io il grande favorito alla prima di Federer. E Milano tifava per me"

C'era una volta un altro Federer. E i tifosi non parteggiavano per lui. Successe a Milano, esattamente vent'anni fa come oggi, 4 febbraio 2021, quando il Palalido spingeva l'altro finalista, il brutto anatroccolo francese Julien Boutter, che però si arrese in tre set all'emergente svizzero dai capelli lunghi ancora selvaggi e vestito di rosso poi diventato leggenda. Di quella partita entrata nella storia come il primo torneo Atp di centotré vinti da Federer, ci parla l'avversario dimenticato.

Boutter, ci dica la verità. Il pubblico faceva il tifo per lei?

«Sì del resto ero arrivato a giocarmi la mia prima finale a 27 anni ed ero 67° del mondo (contro l'allora n°27 Federer). Il fatto di aver vinto un match dopo l'altro in quei giorni aveva creato un legame forte con i milanesi. Volevano che la favola si concludesse con il lieto fine».

Che ricordi ha?

«Fu una settimana stupenda sia in campo che fuori. Di Milano ho davvero un gran bel ricordo, anche se persi la finale. Non ero il favorito perché in precedenza avevo giocato solo finali dei tornei Challenger. Ero emozionato: suonarono gli inni nazionali, la Marsigliese mi diede la carica».

E del primo set?

«Iniziai il match fiducioso, tanto che tolsi subito a Roger il servizio e si arrabbiò. Era nervoso: non aveva ancora mai vinto un torneo atp e, anzi veniva da due finali perse (a Marsiglia e Basilea, ndr). Dunque, la pressione era sulle sue spalle. Ma aveva imparato a controllarsi. Fui io ad irrigidirmi e persi di misura il primo set».

Alla fine fu un match combattuto. Si arrivò al terzo.

«Reagii subito e vinsi il secondo set, nonostante un match point sul 6-5 del tie-break che Roger fallì. Quando poi arrivammo al terzo, ahimè, persi subito la battuta e poi non riuscii più a recuperare».

Aveva capito di trovarsi di fronte un re del tennis?

«Sapevo di avere a che fare contro un 19enne futuro top 10. E comunque no, non avrei immaginato di avere di fronte un re. Siccome Roger è un grande campione, mi rende quasi felice parlare di questa sconfitta».

Ha avuto modo di riparlare con lui di quel match?

«Certo. Ci siamo chiesti cosa sarebbe successo se avessi vinto io. Mi spiegò quanto fu difficile gestire la pressione di dover vincere a tutti i costi il suo primo titolo. Ma anche che voleva vendicarsi di quella volta che lo superai in tre set al Challenger di Grenoble nel '99. Mi descrisse la sua rabbia. Ero sbalordito dal fatto che riuscisse a ricordarsi tutto».

È il migliore di sempre?

«Per la sua classe, la sua longevità, per i titoli Slam vinti, è il più grande di sempre».

Quest'anno compirà 40 anni.

«Può fare ancora bene nei tornei Major, a dispetto dell'età. Mi domando se davvero si ritirerà dopo le Olimpiadi. Nel 2016 sembrava sul punto di lasciare il tennis, ed invece tornò e vinse altri tre Slam. Prima di dire che Roger sia finito ci penserei su...».

Lei cosa fa adesso?

«Sono direttore del torneo atp 250 di Metz.

Stiamo lavorando per organizzare l'evento ma, visto il momento difficile, da qui in avanti è un'incognita».

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