Ruthless. Spietato, implacabile. Trattandosi di un notabile russo, viene da pensare alla grande purga di Stamford Bridge. Una vera epurazione, cominciata la scorsa estate, senza riguardi per nessuno. La manna di Roman Abramovich si è abbattuta sul Chelsea campione d'Europa. Il primo a farne le spese era stato Didier Drogba. L'indomani il gol di Monaco aveva ricevuto il benservito, costretto all'esilio dorato in Cina. Senza neppure troppi convenevoli l'ivoriano, e con lui anche Salomon Kalou e Raul Meireles, erano stati rottamati nel nome di un rinnovamento sia anagrafico che motivazionale. Questo almeno nelle intenzioni di una dirigenza che naviga perennemente a vista, senza rotta, usa ad assecondare gli umori del padrone. Che avrebbe voluto cambiare anche l'allenatore alla faccia dell'accoppiata Fa Cup e Champions League - se solo Pep Guardiola non avesse resistito. Ma la capitolazione di Roberto Di Matteo è stata rimandata solo di qualche mese. Nella notte del 20 novembre, di ritorno dalla débâcle contro la Juventus. Tra i due non era mai scoccata la scintilla. Prima dell'italiano, André Villas-Boas, finale inglorioso anche per lui.
Rafa Benitez appare oggi una via di mezzo tra un esecutore fallimentare e un tagliatore di teste. La sua nomina, con la data di scadenza prestampata, è coincisa con l'uscita dalla Champions e la sconfitta nel mondiale per club. In compenso dal primo giorno del suo insediamento si è prestato ad essere il megafono di Abramovich. Bisognava preparare il popolo dei Blues alla fine di un'era. Quella d'oro, inaugurata da José Mourinho, dei tanti trofei con Petr Cech in porta, John Terry e Ashley Cole in difesa, Frank Lampard a centrocampo e appunto Drogba. Da giugno resteranno solo i primi due: a Cole sarà concesso di terminare la stagione solo per mancanza di alternative, Lampard saluterà a gennaio. Gli è stato comunicato prima della partita di domenica contro l'Aston Villa. Con i soliti modi, sprezzanti più che sbrigativi, senza possibilità di replica: «A gennaio cercati una nuova squadra!».
Si chiama Chelsea style, quando l'irriconoscenza diviene vanto manageriale. Liquidare una storia lunga 12 anni, 578 partite e 190 gol, come una colpa da mondare al più presto.
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