Joshua risorge dall'Inferno e strega la bolgia di Wembley

In un match d'altri tempi, l'inglese finisce al tappeto poi stende Klitschko e si conferma il n°1 dei massimi

Joshua risorge dall'Inferno e strega la bolgia di Wembley

Inferno e paradiso nel teatro di Wembley. Match dantesco tra Anthony Joshua e Wladimir Klitschko, fuochi e fiamme prima e durante gli undici rounds di boxe mondiale, non soltanto per il titolo dei massimi ma per la trama e la qualità offerta dai protagonisti. Il pugilato rivive i tempi più belli, novantamila spettatori nello stadio riservato al football e ai grandi eventi di spettacolo. Il ragazzo di Watford contro lo zar di Kiev, ieri, oggi e domani della boxe, nella categoria più esaltante e terribile.

Joshua, per noi italiani, si porta appresso il gusto acido dell'oro olimpico strappato a Cammarelle. Oggi è l'idolo non soltanto degli inglesi. È il pugile del futuro. Diciannove incontri, diciannove vittorie prima del limite. Joshua ha battuto la storia, Klitschko a quarantuno anni non è apparso come un reduce patetico, ha combattuto come sa e deve un campione vero.

La parte centrale del match si è portato via, anima e corpo, chi ama questo sport unico per la sua aspra verità. Al quinto round il gigante ucraino ha preso a barcollare, per toccare poi il tappeto, dopo un gancio sinistro che gli ha tumefatto l'occhio. Joshua aveva scatenato i fuochi pirotecnici con una serie veloce di colpi, subito al gong. Dopo cinquanta secondi, il ragazzo credeva di aver ormai chiuso la sfida, come gli era capitato nei precedenti diciotto incontri, entro le sette riprese. Wladimir Klitschko ha rimesso assieme i muscoli del suo corpo monumentale, non ha cercato la difesa e ha scaricato un montante destro che ha stupito il rivale. Era il segnale che la guerra stava per incominciare. Al sesto round Joshua ha visto, improvviso, il buio della notte inglese, prima ha perso il paradenti, respirando a fatica, poi si è ritrovato sul muso il destro terrificante dell'ucraino, ha piegato le gambe, mentre il teatro gli girava attorno come in un circarama. Rob Mc Cracken, il suo manager, lo ha ammesso: «Pensavo che sarebbe finita lì, Anthony era perso». Anthony non era affatto perso, nemmeno smarrito. Qui è nato il campione, da quell'atterramento. Klitschko aveva segnato il territorio, Joshua lo ha cancellato senza invaderlo, ha studiato il match anche se Klitschko, lentamente, con astuzia sembrava poterlo pilotare e gestire, continuando a picchiare con il jab velenoso, prendendo il centro del ring. All'undicesimo round, l'ucraino aveva un paio di punti di vantaggio quando Joshua ha cambiato il film, un gancio destro, poi un montante, quindi una serie velocissima, decisiva, Joshua era AJ, come le due grandi lettere infiammate che ne avevano accompagnato l'entrata sul ring, Klitschko non ha avuto il tempo di capire, di parare, di sfuggire, ha provato ad acciuffare le corde del ring, una, due volte, si è rialzato, altri colpi, fulminei, l'ucraino chiuso all'angolo, bersaglio facile, l'inglese pronto all'esecuzione, l'arbitro ha fermato la scena, prima di un epilogo feroce e non più spettacolare. Anthony Oluwafemi Olaseni Joshua è campione del mondo WBA, IBF, IBO, significano tutta la boxe con l'ultimo stand riservato alla WBC e al titolare Deontay Wilder, prossimo avversario, anche se nel contratto è prevista la rivincita con Klitschko. La borsa di 15 milioni di sterline intanto è a casa.

L'ex muratore finito due volte in galera, prima per rissa, poi per detenzione di cannabis, condannato a cento ore di lavori socialmente utili e dodici mesi in comunità, il ragazzo che prima dei Giochi di Londra, amava soltanto sesso, droga e abiti firmati, il figlio di Yeta Odusanya alla quale ha vietato di assistere a un suo match, il ragazzo che continua a vivere con la madre in una casa popolare nel quartiere di Golders Green, la zona di sinagoghe a nord di Londra, il multimilionario, direttore di sette compagnie commerciali, l'uomo d'oro già padre di Joseph, avuto da una relazione con Nicole Osbourne, sua compagna di scuola, l'atleta che ama gli scacchi, il motocross, il calciatore spedito fuori squadra dal Charlton Athletic per avere aggredito un avversario, il centometrista capace di scendere sotto gli 11, l'uomo che abbisogna di cinquemila calorie al giorno, tra proteine, carboidrati, riso, zuccheri, il

pugile per caso, grazie a suo fratello Ben, al Finchley Boxing Club, il Rocky che non è un film ma l'inizio di una grande storia: questo è Anthony Joshua, di anni ventisette, l'inglese uscito dall'Europa, entrato nel mondo.

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