La miglior partita stagionale di Mandzukic in versione SuperMario. E il primo gol su punizione, vestendo la maglia bianconera di un Pjanic cui Allegri continua a cambiare ruolo per metterlo il più possibile a proprio agio. La Juventus torna da Verona con la pancia piena (2-1), avendo conquistato meritatamente tre punti contro una squadra che per riprendere il tormentone di questi giorni non si è scansata per nulla: però alla fine ha avuto la meglio il talento dei bianconeri, che avrebbero anche potuto vincere più largamente se nel finale Sturaro e Cuadrado non si fossero mangiati due gol quasi fatti. Ma pure prima, in ogni caso, la Signora aveva combinato parecchio di più del Chievo, squadra certamente organizzata e da corsa ma gioco forza in apnea quando si trova di fronte a corazzate come quella dei campioni d'Italia. I quali affrontano così la pausa con un bilancio di dieci partite vinte e due perse, 25 gol fatti e 9 subiti («troppi», secondo Allegri), il che ne fa ancora una volta la squadra meno battuta della serie A. Tra una quindicina di giorni il buon Max riabbraccerà anche Dybala e Chiellini, avrà visto crescere la condizione di chi è appena rientrato dagli infortuni e potrà magari cominciare a lavorare su certi dettagli finora un po' trascurati. «Abbiamo fatto una buona partita, ma avrò visto male io così alla fine Allegri, ai microfoni di Sky -. Avremmo potuto fare più gol, ma questo è il paese della moda e adesso va di moda dire che giochiamo male. Andiamo pure avanti con questi luoghi comuni. Abbiamo vinto cinque campionati di fila, non credo serva altro. Se poi non batteremo la Dinamo Zagabria nell'ultima giornata del girone di Champions, sarà giusto non andare nemmeno in Europa League».
Insomma: il pareggio contro il Lione di metà settimana è ancora lì che infastidisce, pur se tutto è ancora in gioco. Nel frattempo, il tecnico bianconero difende i suoi a spada tratta: «Fa ridere che si voglia far diventare il calcio una scienza esatta. Chi può prevedere la punizione di Pjanic? Il calcio è arte per chi lo sa giocare, come la pittura. Qualcuno vuole insegnare a volare agli uccelli, ma non è il caso».
Ecco, Pjanic. Schierato come interno destro, non è che abbia fatto faville. Però ha il solito piede che parla e la punizione decisiva lo ha confermato una volta di più. Ed è stato un calcio piazzato che ha rimesso il match nei binari sperati dai bianconeri, inizialmente costretti a mandare in campo Bonucci (non al meglio) per sostituire Barzagli (spalla sinistra lussata) e schierati con la difesa a quattro. Pur se il pallino era comunque rimasto quasi sempre nelle sue mani, la Juve della prima metà gara aveva prodotto pochino: Mandzukic aveva sparato alto dopo un numero di alta scuola, poi Higuain aveva trovato l'opposizione di Sorrentino. Però era chiaro che a furia di martellare, il gol sarebbe potuto arrivare: merito di Mandzukic, ben servito da Cuadrado. L'ingresso di nonno' Pellissier e il cambio di modulo voluto da Maran, che tornava a giocare con il trequartista dava però nuova fiducia al Chievo, facilitato anche da un paio di indecisioni di Lichtsteiner. Poi, subìto il pareggio (fallo dello svizzero sullo stesso Pellissier), la Juve si ridestava e ringraziava proprio il bosniaco, bravo prima a procurarsi la punizione dal limite e poi a trasformarla.
Non più tardi di sabato, Allegri si era augurato di avere a disposizione qualche punizione in più dal limite perché «con Pjanic sarebbe un bel vantaggio»: detto e fatto, tre punti in saccoccia e concorrenza respinta. «Non so se assomigliamo alla Juve di Capello così il tecnico -. So che quella vinceva e che questa sta facendo altrettanto». Prosit.
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