Marco Lombardo
Non c'è dubbio che Angelique Kerber si sia conquistata con fatica e lavoro ciò che adesso ha in mano: il successo degli Us Open, il secondo Slam della carriera dopo quello di inizio anno in Australia, il numero 1 della classifica mondiale: «È l'anno più bello della via vita». Ma se questo è il top che attualmente il tennis femminile sa offrire, il mondo delle racchette non sta godendo della miglior salute.
Questo detto dopo una finale tutto sommato a tratti interessante, certamente incerta, tanto che la tedesca alla fine ha battuto Karolina Pliskova 6-3, 4-6, 6-4. Ma i larghi vuoi sulle tribune dell'Arthur Ashe di New York non sono solo spiegabili col fatto che non ci fosse più Serena Williams in campo: è l'appeal di una partita che fa la grande attesa e di sicuro la finale di New York quest'anno di fascino ne ha avuto poco.
Insomma: viva la Kerber, capace di raccogliere l'eredità di Steffi Graf, che le ha mandato messaggini di congratulazioni dopo il match (anche perché il suo record di 22 Slam vinti a pari merito con la Williams, alla fine ha resistito). Brava Angelique che a 28 anni ha coronato il sogno da ragazza grazie a molti sacrifici. Però se il risultato di un match si spiega col fatto che una tennista sia più brava a difendersi di un'altra e più capace a ributtare di là la palla, allora c'è qualcosa di sbagliato. Perché le ragazze in attivo sul circuito ormai sembrano un po' tutte uguali e il tennis tutto potenza e palestra sta un po' snaturando la bellezza di un'arte che non ha più grandi rivalità. In pratica: se è vero che la Pliskova ha dimostrato di avere un gioco più vario e divertente, il fatto che abbia vinto la Kerber è il trionfo di un metodo di insegnamento ormai diventato standard. Basta far visita ad un qualsiasi centro di allenamento per vederlo. «Per prima cosa durante la preparazione io cerco davvero di giocare in maniera intensa e non giocare semplicemente due, tre ore tanto per fare ha spiegato Angelique dopo il trionfo -. Così come scendo in campo per essere intensa nel mio gioco e anche quando sono in palestra faccio molti sprint e movimenti. Sono queste le differenze rispetto al passato, soprattutto nella prestagione». Aggressività e palestra, ecco appunto la spiegazione. Oltre ovviamente il lavoro di testa, che nel tennis resta una componente essenziale.
C'è, diciamolo, rischio disaffezione. Per esempio la Muguruza, vincitrice a Parigi, è sicuramente più personaggio ma si è successivamente persa davanti al momento del trionfo. Mentre la Kerber non si è fatta spaventare, dimostrando di essere la migliore ma non certo una numero 1 per tutti. Una numero 1 come il suo idolo Steffi, appunto: «Dovrò abituarmi al ruolo, all'inizio mi sembrerà tutto strano».
Non solo a lei, perché come dice la Pliskova qualcosa nel circuito sta cambiando: «Negli Slam di quest'anno ci sono state tre vincitrici differenti e diverse giocatrici stanno venendo fuori. È bello vedere vincere non sempre le stesse ragazze». Questo è vero, ma se giocano più o meno tutte uguali allora poi il rischio è che la gente se ne stia a casa. O spenga il televisore.