Lacrime d'argento sui remi: amore e rabbia fanno volare

Battisti promise al figlio morto a due mesi: "Ridarò il sorriso alla mamma". Orgoglio Saltori, oro a Sydney: "Questa è più bella, Per qualcuno ero finito"

Romano non l'aveva detto a lei. A sua moglie. A Sara. Nella vita ci sono momenti in cui si parla e si promette solo a se stessi. Perché qualsiasi frase suonerebbe stonata, inopportuna, sgraziata. Romano Battisti l'aveva sussurrato solo a se stesso: «Lotterò, lavorerò, mi allenerò per conquistare una medaglia alle Olimpiadi e rivedere finalmente il sorriso sul viso di mia moglie».
Esordiente. Romano è un esordiente a cinque cerchi. Era un esordiente. Adesso è un argento olimpico del due di coppia insieme ad Alessio Sartori, oro olimpico a Sydney. Oro talmente luccicante che «proprio in quel giorno, davanti alla tv, guardando lui con la medaglia al collo, pensai bello il canottaggio e magari si vince pure facile... Decisi d'iniziare. Non si vince facile, però», sorride questo ragazzone di Priverno, Latina. Un esordiente di 25 anni e un veterano di 36. Laziali entrambi. E se poi si vince la medaglia a sorpresa, se persino si sfiora l'oro con rimonta che più bella non si può, non fa nulla se l'oro va ai neozelandesi e se c'è vento favorevole nella corsia azzurra e se gli organizzatori si scusano con gli altri per le folate ballerine che hanno tormentato tutte le gare. «Perché questo nostro argento vale più dell'oro che conquistai a Sydney, nel 2000», giura con gli occhi lucidi Sartori. E i motivi sono tanti e verranno tutti fuori.
Romano non l'aveva detto a lei, a Sara che lo guarda da lontano con in braccio la piccola Lavinia, nata un mese fa. Non l'aveva detto, ma adesso lei sa. In cuor suo, questo italiano tutto valori e buona volontà voleva riaccendere quel sorriso sul viso di sua moglie, quel sorriso dimenticato un tragico giorno di una manciata di anni fa, quando un frugolino di nome Gabriele è arrivato e dopo due mesi è disperatamente volato via. «Per questo la mia medaglia è tutta dedicata a mio figlio. Aveva una malformazione cardiaca; è lui che mi ha dato la forza per andare avanti dopo; è lui che mi ha spinto a giurare a me stesso che avrei riportato il sorriso sul viso di sua madre». E Sara sorride. Per il suo piccolo, per suo marito, per Lavinia che insieme a papà ha riacceso la luce.
Romano non l'aveva detto e con lui anche Alessio. Non avevano detto in questi mesi di solitaria preparazione che loro non avrebbero dovuto fare l'olimpiade. Lo dicono adesso. «Mi davano per finito, ma un'atleta se lo sente, è lui che deve decidere quando smettere, non gli altri. E questa è la dimostrazione... non sono finito» ripete pieno di emozione, con la voglia di lasciarsi andare a un pianto liberatorio che per un omone come lui sarebbe troppo e infatti non arriva. E allora perché non erano stati selezionati fra gli atleti per Londra 2012? «Il motivo chiedetelo al ct», a Giuseppe De Capua, l'uomo nel mirino di questa medaglia che non ti aspetti. Altri canottieri si erano messi in luce come noi ma tutti non siamo stati convocati...». E allora Battisti e Sartori si sono uniti. L'avventura è iniziata in autunno, la barca è stata ufficializzata in gennaio e il pass olimpico ottenuto il 22 maggio. In zona Cesarini. Ultimi a farcela. Cosa c'è di strano? C'è che sono arrivati ai Giochi preparandosi solo con le Fiamme Gialle, con l'arma per cui gareggiano, rappresentando una barca societaria aggregata alla nazionale. Esagerando è come se in finale con la Spagna agli Europei di calcio fosse sceso in campo il Milan, la Juve - scegliete voi - con la casacca azzurra indosso. Il senso è questo. E infatti da qui, da Eton, cuore inglese e quindi mondiale del canottaggio, da qui parte la rivolta.
«Noi siamo riusciti a superare ogni passo, ogni gara, ogni selezione posta dalla federazione per poter accedere ai Giochi, e alla fine ce l'abbiamo fatta» dicono assieme Romano e Alessio.

«È la dimostrazione che il nostro metodo porta medaglie, metodo che altro non è che quello di Giuseppe La Mura (storico e plurimedagliato ct del canottaggio azzurro), un metodo che qualcuno aveva troppo frettolosamente cestinato» va giù duro Romano. «Soprattutto questa non è la vittoria di un due di coppia, ma di un tre... Perché tanto, tantissimo è merito del nostro allenatore, Franco Battaglia. L'unico che fin dal primo momento ha creduto in noi».

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