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L'anta di Armèri Janich chiusa per sempre

Addio a 82 anni al libero del Bologna tricolore '64. Per tutti era l'Armadio

L'anta di Armèri Janich  chiusa per sempre

«Grande e grosso, bravo nell'anticipo, formidabile di testa, venne soprannominato l'Armèri, l'armadio in dialetto bolognese». E ora che l'anta dell'armadio si è chiusa per sempre, il club rossoblu lo ha ricordato così. L'Armèri in questione è Franco Janich, il roccioso libero del Bologna del settimo scudetto, morto ieri all'età di 82 anni in una clinica poco distante da Nemi, la località dei Colli Romani dove da molto tempo viveva con la moglie.

Friulano di Palmanova, tanto arcigno e poco incline a fare sconti agli avversari sul campo quanto cordiale e burlone fuori, da mesi lottava contro una grave malattia che gli aveva impedito di essere presente lo scorso 9 ottobre alla festa al Dall'Ara per i centodieci anni della società. Del Bologna fu una colonna dal 1961 al 1972, giocando 376 partite totali e vincendo lo scudetto del 1964 nello spareggio di Roma, una Coppa Italia (1969-70) e una Mitropa Cup (1961).

Cresciuto come stopper nello Spilimbergo in IV Serie e poi nelle giovanili dell'Atalanta, esordì in A proprio con gli orobici prima di trasferirsi alla Lazio di Fulvio Bernardini con cui vinse una Coppa Italia nel 1958. Fu proprio l'allenatore romano a volerlo al Bologna quando passò sulla panchina rossoblu. Lì Janich arretrò il suo raggio d'azione, trasformandosi in libero e formando con Tumburus una coppia di centrali imperforabile. Mai un'espulsione in carriera (un record per un difensore), ma nemmeno un gol realizzato. E quando gli si faceva notare questo particolare, lui che non amava prendersi troppo sul serio rispondeva: «Se avessi segnato anche un solo gol mica sarei stato unico...». La bellissima esperienza al Bologna gli consentì anche di vestire la maglia della Nazionale: tra le sei presenze in azzurro anche quelle nelle cocenti sconfitte ai Mondiali del 1962 con il Cile e a quelli del 1966 con la Corea del Nord.

Chiusa la carriera nella Lucchese in C, a differenza di tanti calciatori Janich si distinse anche nella sua «seconda vita», quella da dirigente. Fu infatti direttore generale del Napoli dal 1972 al 1976 e dal 1978 al 1980. Poi passò al Bari dove la sua carriera subì uno stop di sei mesi perché coinvolto nello scandalo calcioscommesse. E ancora al Como, alla Lazio e alla Triestina, ma anche in uno dei Bologna più «sbrindellati» della storia, quello di patron Casillo all'inizio degli anni '90 che poi fallì. Per qualche anno fu anche scopritore di talenti calcistici, l'ultima squadra da dirigente il Pomezia (Eccellenza laziale).

Sempre con il sorriso, al telefono amava anche raccontare barzellette. Oggi quella voce gentile e spassosa si è spenta per sempre. «Un campione sul campo e nella vita», lo ha ricordato ancora il Bologna.

Che piange un altro pezzo del gruppo indimenticabile dello scudetto.

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