Da buon digiunatore di calcio mi annoio a guardare le partite, tranne quando si segna. Una volta ero seduto accanto al presidente di una squadra, suo ospite durante una gara di quelle importanti: gli avversari fecero gol e mi sfuggì una clamorosa esultanza, guardato con occhi di gelo dai vicini di tribuna.
La mia era un'esultanza giusta nel posto sbagliato, e non la ripetetti al secondo gol, mimando anzi un ipocrita sconforto, ma se mi fossi trovato dall'altra parte della barricata, avrei gioito eccome. Mi fa dunque sorridere il portoghese Mourinho, uomo a me simpatico quanto non compostissimo, che depreca come un lord inglese il pugliese Conte, uomo a me antipatico quanto scomposto, perché esulta al quarto gol della sua squadra.
Ha antropologicamente ragione Conte, in una situazione di tal fatta: ventidue giovani uomini, ben retribuiti per dedicare la vita a insaccare una palla nella rete avversaria, si azzuffano per un'ora e mezzo con corse, berci, sudore e spintoni per raggiungere l'agognata meta. E vengono ritenuti liberi di abbandonarsi a ogni sfrenatezza quando ci riescono, fino a scoprire il petto villoso e ammucchiarsi l'uno sull'altro in un inimmaginabile tanfo d'ascella. Tutt'intorno, decine di migliaia di persone paganti nella speranza di assistere proprio a quel fenomeno, urlano al cielo gioia indicibile, manco San Giorgio avesse finalmente colpito al cuore il drago. In tribuna, i capi dei segnanti sorridono soddisfatti e si battono il cinque come se le loro azioni in borsa avessero appena fatto un balzo.
L'unico tenuto per regolamento a conservare faccia di pietra è il triste omino non a caso vestito di nero. Perché l'unico altro a fingere di giocare a canasta dovrebbe essere il generalissimo, che ha gridato come al mercato fino a un secondo prima?@GBGuerri
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.