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L'inafferrabile Horner semina pure l'antidoping

Gli ispettori inviati dall'Usada lo cercano in albergo ma non lo trovano. La squadra replica: comunicato il cambio-hotel per dormire con la moglie

Chris Horner
Chris Horner

Fuga continua. Impossibile stare a ruota del babbione volante. Non ce l'ha fatta Nibali, perdendo la Vuelta di Spagna, e non ci sono riusciti gli ispettori dell'antidoping: arrivati nel suo albergo all'indomani del trionfo madrileno per un controllo a sorpresa, lui non c'era. Imprendibile e inafferrabile come in gara. Per Chris Horner, 42 anni portati talmente bene da stupire e insospettire il mondo intero, è una grossa grana. Un'altra. Una in più che certo non contribuisce alla sua buona reputazione, già fortemente barcollante, tra scetticismo e maldicenze generali. Le regole parlano chiaro: come prescrive il famoso Codice Adams, l'atleta deve sempre comunicare dove si trova. Se non si fa trovare, scattano severe sanzioni.
Vuelta appena vinta e già in forse? Ci sarà da discutere molto. Prevedibile il solito codazzo di avvocati, carte bollate, ricorsi ai tribunali dello sport. La squadra di Horner, la Radioschack, ha già manifestato tutto il suo sdegno, spiegando così il giallo: non è Horner ad avere sbagliato, ma gli ispettori spagnoli mandati sul posto dall'Usada, agenzia antidoping americana. Lo stesso Horner, viene chiarito, aveva comunicato domenica sera un cambio di albergo, avendo pensato di dormire in quello della moglie, più vicino all'aeroporto, così da ripartire presto per gli Stati Uniti. Tutto specificato via mail, come prevede il regolamento, e come tra l'altro viene dimostrato con tanto di fotografia del messaggio stesso.
Ovviamente, il caso non è per niente risolto. Non così facilmente. Serviranno spiegazioni molto più convincenti. Il babbione volante, ad ogni modo, dovrà farci l'abitudine: per l'Agenzia antidoping americana, che ha appena braccato e seppellito il mito di Armstrong, lui è un cliente privilegiato. Lo inseguiranno ovunque, gli conteranno i capelli in testa, lo analizzeranno in tutti i modi e in tutti i momenti. Trattamento di favore. Bersaglio disegnato in fronte. Inevitabile: Horner non può non essere al centro dei pensieri. Troppe ne abbiamo viste, tutti quanti, perché si possa prendere a cuore leggero questa storia di un tizio che a 42 anni batte l'intero gotha del ciclismo mondiale (ad eccezione dell'assente Froome). Certo è inedita (mai nessuno, a quell'età), certo è romantica (quanto è bello pensare che l'invecchiamento non sia più un limite), ma purtroppo la storia resta a sfondo giallo.
Per quanto buon diavolo, Horner è pur sempre un ciclista che fino all'altro ieri stappava champagne per i settimi posti. Improvvisamente, all'età in cui sportivamente si mette il catetere, lui domina un grande giro. Vero o falso? Pulito o sporco? Sincero o bugiardo? La sua discendenza non gioca a favore: compagno e amico di Armstrong, Horner viene da quegli Stati Uniti in cui continuano alacremente le ricerche scientifiche di università e laboratori per migliorare le prestazioni. L'idea che Horner sia la cavia privilegiata di nuove formule prodigiose può forse sembrare fantascientifica, ma non può essere scartata così facilmente, davanti a simili prodigi. Per la cronaca: sulle salite spagnole, ha sviluppato un rapporto watt-chilo ritenuto umanamente impossibile (limite riconosciuto 6,2, record suo 6,8).
Certo, non è mai giusto condannare un presunto innocente senza prove. Ma purtroppo nello sport prove e provette saltano fuori anche dieci anni dopo, quando i metodi antidoping riescono a scovare il doping di dieci anni prima. Nel frattempo, bisogna solo procedere per ipotesi, con una sana diffidenza. Può darsi che Horner sia davvero un fenomeno della natura.

Può darsi.

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