L'Italia del calcio è il Paese dello squilibrio stabile che si contrappone nobilmente all'equilibrio instabile che propongono, invece, i nostri giocatori. Ci risiamo: basta un pari, da polli (copyright Mancini), contro la Germania per rigettare sotto il tappeto la valanga di critiche, accuse e cattivi pensieri portati dall'eliminazione dal mondiale. Poi bastano quattro giocate di un ragazzino simpatico, ed anche intelligente, per aggrapparsi alla luce del futuro, al nuovo Rinascimento e scoprire che i giovani sono poco impiegati. Anzi, scappano dall'Italia per giocare più spesso. Ci voleva Gnonto per spiegarcelo? Come dire: Gnonto di sera, bel calcio si spera. Ma non è così facile.
Per riassumere, prima di rivedere Italia nostra, nella partita Nations di Cesena, contro l'Ungheria che, tra l'altro, non è avversario morbido (leggi Inghilterra), basta ascoltare Carlo Tavecchio, ex presidente federale ribaltato dalla debacle del ct Ventura: «Non è certo Gnonto, per quanto buon calciatore, a poter cambiare la situazione. Non è con una caramella che possiamo sentirci in Paradiso. Non esaltiamoci». Calcisticamente, siamo l'Italia degli squilibri: tutti campioni o tutti... dice la tesi filosofica. Abbiamo esaltato Mancini per l'impresa europea e dopo nemmeno un anno ecco l'amletico dubbio che sempre ci coglie: cacciarlo o non cacciarlo? Come fosse davvero questo il problema. L'Italia dell'europeo era una squadra oversize per la qualità del calcio praticato. Ma non rappresentava la qualità del calcio made in Italy. Così si gioca in Paradiso: ed infatti siamo finiti subito all'Inferno. È bastato andare a sbattere contro l'Argentina per ritrovarsi faccia a faccia con la realtà. Ora di nuovo tutti in gloria, se sono sogni fioriranno.
Oggi Mancini ricomincerà con il gioco di prestigio: dentro qualche senatore, occhio ancora ai centrocampisti dell'ultima covata. Il ct ha fiuto per talenti e ragazzi, ha sfruttato al meglio giocatori che, in altra epoca, non sarebbero nemmeno arrivati alla maglia azzurra. Contro la Germania sono rispuntati nomi giovani messi in lista d'attesa, poi il Gnonto che era nessuno ed ora è qualcuno. Ma non sarà il nostro squilibrio stabile ad aiutare la nazionale: il campionato è figlio della visione miope di presidenti e tifosi. I presidenti risparmiano o spendono male, i tifosi delle grandi squadre non hanno pazienza. Eppure tutti sanno che il nostro è diventato campionato di seconda fascia. Dice Tavecchio: «Ed ora, con l'economia a catafascio, il problema sarà trovar lavoro, prima del posto». L'attualità dice invece che mancano attaccanti da gol sicuri: non basta essere belli e vincenti nel Sassuolo per ritrovarsi calciatori internazionali. La nazionale non può svezzare i giovani.
Ecco perché Mancini è un benemerito della categoria: dovrebbe raccogliere, invece semina. Qualche volta si ritrova con la gramigna. Vedremo già stasera cosa dirà il prossimo raccolto: Scamacca e Gnonto tocca a voi. Ma guardate alle loro spalle: c'è più vuoto che sogni.
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