Inno d'Italia. Frecce tricolori. Gran premio d'Italia. Manca poco e Mameli verrà intonato da Il Volo in formazione compatta. Tutto molto bello. Tanto pubblico, tanti italiani ad ascoltare. Non solo l'inno. Purtroppo. Perché lo speaker dell'autodromo di Monza sa bene chi comanda e annuncia le autorità presenti. Ecco il presidente della Fom, il cuore economico della F1, Bernie Ecclestone. Ecco il presidente della Federazione internazionale dell'auto, Jean Todt. E poi e dopo ecco il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Un inglese, un francese, un italiano. Non è una barzelletta. Ma sembra una barzelletta.
L'inno passa ma non passa la sensazione forte che l'Italia con il cappello in mano giunta in processione per salvare Monza abbia perso l'occasione grande per fare bella figura. L'unica cosa sensata in questa domenica di ordinaria follia la pronuncia uno che ormai fa altro come Flavio Briatore quando dice che la questione Monza e del Gp a rischio non è materia «da presidente del Consiglio...». Eppure, ieri, tristemente, lo è diventata. Così come il giorno prima era stata mestamente questione da presidente della Lombardia, quando Roberto Maroni è andato a farsi bistrattare dal vecchio inglese. «Gp salvo al 99,9%» aveva detto il governatore uscendo dall'incontro. E però il vecchio Bernie ha ripetuto per tutto il giorno che «lui a comprare in un negozio non ci va se non ha i soldi...».
Brutta figura per tutti. Stiamo chiedendo lo sconto sull'organizzazione della corsa, stiamo sorpassando in coda, stiamo facendo quelle cose lì da italiani. E come risultato, sulla griglia dello sport più internazionale che ci sia, Ecclestone viene prima di Renzi, il nostro capo del Governo. Non è poca cosa. Ve lo immaginate l'arzillo e terribile vecchietto che tutto gestisce presentato a Silverstone prima di David Cameron o della Regina Elisabetta? E in Germania prima di Angela Merkel? Ma il Gp teutonico non c'è più perché non avevano soldi proprio come noi. Kaputt.
Già, non c'è più. Eppure era un tantino storico anche il Nuerburgring, non solo Hockenheim. Ma no soldi no party. Invece noi vogliamo che la corsa parta comunque anche se no soldi. Siamo al paradosso. Un uomo squalo come Ecclestone che siede dalla parte dei giusti. «Ma come faccio - dice - ad abbassare la quota a Monza se gli altri Paesi europei pagano quanto chiesto e stabilito». E sono una ventina di milioni di euro a edizione. Monza ne ha pronti poco più della metà. Sono due anni che la situazione è nota e in due anni i vertici dell'autodromo non sono riusciti a raccogliere una manciata di imprenditori. Questione loro e dell'Aci, non da premier.
Ma tant'è, si chiede lo sconto. Per farlo Renzi è arrivato in auto d'ordinanza: una Fiat 500 rossa prestata in autodromo dalla Ferrari. In altri tempi avremmo detto che era uno spot del made in Italy. In questo caso, con Monza in palio, meglio solo pensarlo. Perché se arrivi in 500 a trattare con un mega miliardario che viaggia su transatlantiche Mercedes parti già sfavorito. Parcheggiata l'utilitaria rossa, Renzi è infatti entrato nel bunker di Ecclestone.
Poi è andato in gita in griglia e, con il figlioletto sotto braccio, rivolto al vecchietto inglese ha detto: «Mio figlio un grande fan, grande ferrarista, gioca con la play station alla F1...». Ecclestone l'ha guardato incredulo. Perché lui non sta giocando.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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