Non è dato sapere quante cene abbia da farsi pagare Luciano Spalletti da chi non credeva all'Inter in Champions League. Di sicuro basta un'ora di chiacchierata alla Pinetina per capire che con la società la sua parola d'ordine è chiarezza. Uscendo dal vertice in sede di martedì sera aveva detto di sentirsi in paradiso. A sentire le sue parole, di paradisiaco non c'è molto. La celebrazione della Champions dura lo spazio di un grazie alla squadra e ai tifosi. Poi affonda: «L'anno scorso sono state dette delle cose che non sono state mantenute. Io non ho sottoscritto nessun obiettivo. Sono stati dati via otto giocatori e presi sei. Si è fatto un movimento grossolano, che non ha cambiato il valore della rosa». Un anno dopo ci si conosce meglio e Spalletti saprebbe cosa fare se la società dovesse mettergli a disposizione una rosa non all'altezza dell'obiettivo richiesto: «Verrei a dire la verità. Non faccio come l'anno scorso». Quando il tecnico di Certaldo ha difeso il club.
Però già nella notte dell'Olimpico si è anche parlato di scudetto, l'ad Antonello ha abbozzato «perché non pensarci». Spalletti è lapidario: «Chi parla di scudetto dovrà rendere conto. Anche perché gli altri ci hanno messo un lasso di anni per arrivarci. Per puntare al titolo bisogna fare il mercato di chi poi lo vince». E l'Inter per adesso non può farlo. «Prima di fine mese bisogna far tornare i conti, ci sono dei paletti. Per ora Rafinha e Cancelo non si riscattano. Poi con la nuova stagione si potrà investire, però poi diventa difficile fare nomi altisonanti come quelli dell'anno scorso che non è detto che non arrivino... Se si vuole rispettare le regole. Sennò si fa lo striscione: Bilancio dell'Inter sempre più bello con Gardini, Ausilio e Antonello». Ok De Vrij, Asamoah e Lautaro Martinez, ma la priorità è il centrocampo. Non ditegli che un anno dopo Nainggolan e Vidal è più facile che lascino rispettivamente Roma e Bayern.
Spalletti chiama allo scoperto i dirigenti: «Ora tocca ad Ausilio e Gardini. È il loro momento». Anche perché la squadra le sue qualità le ha mostrate: «I calciatori non hanno salito due o tre gradini, ma un pianerottolo. Qui si tende a sciuparli i giocatori, guardate Kondogbia ora ha una clausola di 80 milioni...».
Lo Spalletti pensiero finisce ai tormentoni del suo rinnovo e di quello di Icardi: «Ho il contratto fino all'anno prossimo, non c'è fretta». Prende tempo per vedere come vanno le cose sul mercato. E su Icardi mette i brividi: «Tenere chi non vuole rimanere è difficile. Non è il suo caso. Però se va via deve arrivare uno come lui o più forte». Intanto si tiene stretta la sua Inter: «Ci sto bene con questi colori». E fissa la ripartenza: «Dagli ultimi venti minuti contro la Lazio quando non ho visto debolezze tipo che non ce l'avremmo fatta o che non siamo fortunati».
Spalletti ha scrollato di dosso il vittimismo dall'Inter, primo passo per centrare l'obiettivo che è «restare fra le prime quattro». E quest'anno è stata un'impresa perché quando «siamo partiti non era scontato stare davanti al Milan». L'orgoglio di Spalletti che adesso vuole restare in paradiso.
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