Mario non salva i rossoneri ma sta già salvando se stesso

S tessi capelli, stessi fischi, stessi rischi. Come se Liverpool non esistesse, un buco sulla mappa dell'Inghilterra come il 2014 un buco nella sua carriera. Balotelli entra al 62' mentre infuria la tempesta, col Milan sotto e i suoi vecchi tifosi traditi che aspettano solo il numero 45 sul tabellone per svuotare il caricatore degli insulti. Mario entra e su punizione quasi pesca la testa di Kucka per il pari. Il tempo di rammaricarsi e subito è muso contro muso con Felipe Melo. Perché sempre lui? Però Balo volta la schiena, una parolina e basta. Per dieci minuti si trasforma in un Mihajlovic destro, che semina il panico con calci d'angolo tagliati col bisturi. Peccato solo che Luiz Adriano non sia Salas... Rimprovera Bonaventura per un passaggio, poi qualche tocco elementare. Concentrato, carico, né svogliato né arruffone. Non si muove granché, ma quello non l'ha fatto mai, per gregari rivolgersi altrove.

Questo è Mario, quello che destro, sinistro e missile sul palo che lo separa dai titoli roboanti; quello che su punizione esalta Handanovic e da solo crea più pericoli di tutti. Quello che è tornato, ha perso e non ha salvato la baracca, ma forse ha cominciato a salvare se stesso.

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