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Marotta, pazza Inter sul lettino E si agita il fantasma di Conte

L'ad affronta la sua prima crisi nerazzurra: trema Spalletti, per l'estate torna forte il nome dell'ex ct. E pure Simeone...

Davide Pisoni

Beppe Marotta l'ha capito subito che all'Inter c'era tanto da lavorare. Magari sperava solo in un ingresso in punta di piedi. Invece dal suo arrivo è stato un susseguirsi di problemi dentro e fuori dal campo. Il rinnovo di Icardi scandito dai tormentoni social e tv di Wanda Nara; il caso-comportamentale Naingollan; il caso-contrattuale Perisic. E poi i risultati con un inizio d'anno da dimenticare: il pareggio in casa con il Sassuolo e la sconfitta con il Toro. Domenica era la prima volta che Marotta tornava da dirigente nella Torino dove con la Juventus ha dominato in lungo e in largo l'Italia. Invece stavolta ha dovuto fare i conti con la prima crisi da amministratore delegato nerazzurro. A trecentosessanta gradi. Perché potrebbe innescare in anticipo una rivoluzione dalla quale potrebbero essere esclusi molti degli attori attuali. A partire da Luciano Spalletti. Il cambio di modulo, il mettersi a specchio di Mazzarri, è stata una necessità, data l'emorragia di ali per un motivo o l'altro. Sulla carta una scelta condivisibile, peccato che non abbia pagato. Il perché potrebbe essere spiegato con un progressivo e allarmante scollamento all'interno dello spogliatoio. La faccia di Miranda diceva più anche dei borbottii di disappunto espressi mentre usciva con calma dal campo al momento della sostituzione, eppure la squadra perdeva e non c'era da perdere tempo. Il brasiliano è uno di quelli finito nelle retrovie così come Candreva, impalpabile, e al centro delle voci di mercato. Non al livello di Perisic, che al Grande Torino è rimasto addirittura in panchina e ieri come negli ultimi giorni si è allenato a parte, separato in casa: si prova con l'Udinese per avere subito De Paul, l'alternativa è andare a prendere Carrasco in Cina. «Se uno non vuole giocare...» ha detto laconico Spalletti.

Perché Ivan è una delle sue spine, l'allenatore si era speso per convincerlo a restare in estate. L'altra spina è Nainggolan voluto fortemente, ma protagonista praticamente solo nel male. E poi c'è Icardi, il capitano che ha segnato appena tre gol nelle ultime dieci partite. Complice la frenata continua di chi insegue, per ora la zona Champions resta blindata, ma non c'è più margine di errore per non essere risucchiati pericolosamente nel gruppone.

Così è troppo facile ridare fiato alle voci su Antonio Conte, soprattutto in vista della rivoluzione estiva. Spalletti deve fare argine, ma l'ombra dell'ex ct della Nazionale è sempre più ingombrante. Un profilo che si sposerebbe anche con le parole di Marotta: «Bisogna valorizzare al massimo il concetto di appartenenza. Quindi cercare giocatori che abbiano un profilo vincente, che significa anche essere onorati di indossare questa maglia». Parlava dei calciatori, ma a breve potrebbe valere per l'allenatore. Certo Conte ha una storia a tinte bianconere, come Marotta, ma nessuno come lui, o comunque nessuno più di lui, ha il carisma nel convincere i giocatori a sposare una causa. E soprattutto sarebbe pronto a tornare in Italia. L'alternativa è all'insegna dell'interismo puro, quel Cholo Simeone che non ha mai nascosto di volere allenare un giorno l'Inter. E la storia con l'Atletico Madrid potrebbe essere al capolinea, del rinnovo non c'è ancora traccia.

Campo e fuori, per Marotta è full immersion per guarire la pazza Inter.

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