Lo scrive El Pais, quotidiano nobile di Madrid, ed è la prima traccia per decifrare la notte magica del Milan e la sua prova «superba» (dixit Silvio Berlusconi) sul Barcellona. «La maglia conta, indossarla trasferisce una forza speciale sulle persone che non sono campioni» l'opinione, impegnativa, di Ramon Besa che trova consensi immediati nella bolgia di San Siro. «L'avevo anticipato ai dirigenti spagnoli: la storia, nella Champions, non gioca ma ha grande influenza» le parole di Adriano Galliani prima della dedica speciale a Silvio Berlusconi. Già perchè anche certe date e un paio di ricorrenze si sono intrecciate in modo suggestivo con la magia della notte di San Siro: nello stesso giorno, 27 anni prima, il patron della Fininvest evitò il fallimento del club finito nelle mani bucate di Farina, sottraendolo a un destino malinconico e rilanciandolo verso trionfi a ripetizione; nello stesso giorno di 34 anni fa morì Nereo Rocco, il Paron, uno che sarebbe stato fiero di Allegri e del Milan ammirato al cospetto dell'armata catalana.
Conta la «camiseta», come la chiamano in Spagna ma conta anche il ribaltone genetico e anagrafico avvenuto nelle viscere del Milan durante la chiacchierata estate. Da squadra artistica di timbro brasiliano dell'epoca di Ancelotti, marcato a fuoco dal talento di Kakà, a quella gigantesca incarnata dalla statura tecnica di Ibrahimovic, il Milan è diventato tutt'altro in poche settimane. Ha puntato sui giovani e su alcuni giovani d'origine africana: il Milan d'Africa è l'ultimo capolavoro preparato da Galliani, allenato da Allegri e ispirato dal presidente Berlusconi che ne ha reclamato il copyright. «Oggi è terzo ma può arrivare ancora più avanti» l'incoraggiamento del patron. «Le ironie della stampa sportiva, spesso obbiettiva più o meno come quella politica, si sprecavano sul rinnovamento da me voluto. I sarcasmi sull'allenatore dell'Edilnord non si contavano, eppure il fatto di essere il presidente che ha vinto di più nella storia del calcio dovrebbe suggerire maggiore prudenza» tutti fuori i sassolini dalle scarpe di Silvio Berlusconi che può godersi l'ennesima rivincita sugli scettici blu.
«La gabbia intorno a Messi ha funzionato, Allegri ha indovinato la partita e i giocatori l'hanno interpretata con carattere straordinario»: dietro la sagoma di Berlusconi, ecco spuntare finalmente il merito di Allegri, premiato da voti in pagella, è scappato anche un 9, per aver allestito in pochi mesi una squadra capace di risalire la china (in campionato) e rinchiudere in una morsa Messi e il suo Barça. Chissà se Allegri ha mai studiato qualche testo sacro sulla strategia militare ai tempi del sacro romano impero eppure lo schieramento delle sue tre linee ha molto ricordato la testuggine romana. Non è arrivata per caso, è nata dall'esperienza delle precedenti sfide, esaltata dalla prova magistrale di Ambrosini, fortificata da quella di Montolivo, da Mexes che non ha sbagliato un solo intervento. Giovanni Galeone, che conosce bene il suo allievo, può fornire una testimonianza diretta: «Nei giorni precedenti ho trovato Max ringiovanito di 10 anni, sereno l'ambiente. La sua tattica mi ha ricordato quella di Mourinho, nel 2010 al Camp Nou, solo che il Milan avrebbe potuto fare anche il 3 a 0». Paragoni a parte, ha colpito la cura dei dettagli nel Milan, brillante anche nel cambio di pedina, Niang, arrivato al posto di Pazzini ha promosso la controffensiva del 2 a 0 griffato Muntari. Già, un africano pure lui, rientrato in tempo utile dopo l'incidente che mandò nell'estate scorsa, su tutte le furie, Galliani (se lo procurò giocando sulla spiaggia a calcio con gli amici). Eppure fu proprio quel ko a determinare la successiva mossa sul mercato. Galliani bussò alla porta di Preziosi e ottenne Constant, forse già sapendo che Allegri gli avrebbe riservato un futuro inatteso e sorprendente da difensore sinistro.
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