Aspettano tutti il Milan e dai blocchi di partenza di questo sabato di fine estate schizza fuori il Verona di Mandorlini. A sorpresa, per festeggiare 11 anni dopo, il ritorno in A. Tutti gli occhi sono puntati su Balotelli e invece è il vecchio Luca Toni a stregare il rivale e anche la platea con un paio di capocciate precise come un bisturi e potenti come una martellata. È la storia che si ripete ma non solo. La storia malinconica e deludente del Milan a Verona nello stadio dei suoi clamorosi rovesci, la storia personale di Allegri che non riesce a conoscere una partenza esaltante di stagione. Alla prima prova, è già con la testa china e con zero punti in tasca, assediato da insoddisfazioni e censure aspre di critica e tifosi che certo non gli perdonano l'ennesima partenza falsa. Eppure l'inizio di ieri pomeriggio è promettente, molto promettente e fa piuttosto pensare a una comoda impresa dei berlusconiani che passano davanti al Verona, in soggezione evidente, dopo 14 minuti. È la prima azione manovrata dei rossoneri circolata attraverso i piedi di Balotelli che si specializza nel ruolo di assist-man: l'inserimento, puntuale di Poli, è una lezione di calcio per abilità nel controllo e tiro di piattone destro nell'angolo lontano.
Resta un mistero quel che segue. Come può una squadra come il Milan, sia pure con la sua cifra tecnica ridotta, partita davanti a farsi risucchiare dal Verona e capitolare contro un centravanti che ha i suoi anni, 36, e che nel recente passato non ha certo offerto prove di grande affidabilità? La risposta, se è un mistero per i milanisti, ha invece una spiegazione razionale per il resto del pubblico. Basta valutare una serie di inadempienze che moltiplicano ansie e difetti antichi: per esempio la difesa che concede quasi tutti i duelli in quota al gigante modenese; per esempio la caduta verticale del ritmo e anche della concentrazione da parte del Milan subito dopo il vantaggio; per esempio l'incapacità di alcuni esponenti della new generation, Niang e El Shaarawy i nomi di riferimento per la categoria, di imporsi o almeno di vincere duelli significativi al cospetto di Cacciatore e Albertazzi che non sono certo Djalma Santos o Nilton Santos, mitica coppia di laterali brasiliani del mondiale di Svezia '58.
Anche Balotelli ha le gomme sgonfie e lo si capisce specie nella ripresa quando decide di voler fare tutto da solo, visto che dai suoi non riceve una sola palla come si deve. Non può prendersela col pubblico di Verona visto che lo accolgono e lo accompagnano con applausi ironici, peccato che intervenga anche Salvini, della Lega, definendolo «scemo e cretino», e siamo davvero al festival dell'idiozia. Protesta alla fine, con qualche ragione Mario, per un sandwich in area di rigore ma è poca cosa e non deve attaccarsi all'episodio isolato. Perché il successo del Verona è puro come acqua di fonte e viene giù come una cascata dalla montagna della determinazione, della corsa e anche della motivazione feroce. Tutti requisiti che sembrano mancare al Milan di Allegri, forse in qualche modo distratto dal preliminare di Champions che gli ha sottratto un po' di risorse fisiche e nervose. La conclusione inquietante è sempre la stessa: e cioè che il Milan si ritrova con una sconfitta sulla schiena, le prime inevitabili polemiche sotto la panchina del livornese e molte insoddisfazioni relative al gruppo.
Manca la qualità al Milan, bisogna segnalarlo in modo netto. E quando c'è bisogno del mestiere o della cattiveria per chiudere le sfide, beh c'è una allarmante latitanza. Anche la panchina non offre grandi vitamine al tecnico.
Robinho sta recuperando, Petagna, in attacco, è un ragazzino alle prime armi e non si può pretendere che sia lui a risolvere i problemi. Da oggi comincia un'altra settimana di passione per Allegri, subito nell'occhio del ciclone. Buona fortuna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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