«Milano vicino all'Europa, che banche, che cambi» cantava Lucio Dalla e ora questo motivo può tornare al centro del villaggio calcistico italiano. Perché Milano è tornata al comando. Fin qui, a dire il vero, è tornata l'Inter che ha lo scudetto sul petto e in bacheca la supercoppa d'Italia conquistata a gennaio sulla Juve e da qualche giorno l'ottava coppa Italia strappata sempre alla Juve sotto il cielo di Roma.
Il recente derby scudetto è arrivato alle ultime due tappe del torneo che stanno togliendo il sonno e anche molta polvere dai ricordi collettivi delle due fazioni. Inter o Milan (in ordine alfabetico), Milan o Inter (in ordine attuale di classifica): da qui non si scappa più per il tricolore. Con l'aggiunta, di non poco conto, per gli interisti, della possibilità di esibire sulla maglia della prossima stagione anche la seconda stella, più volte evocata da Beppe Marotta per motivare ed eccitare il proprio schieramento. Non ci sono più calcoli da fare, tutt'al più alleanze da reclamare a parti invertite: gli interisti che puntano tutto sul vecchio allenatore Gasperini ora all'Atalanta dopo averlo inondato di giudizi velenosi, i milanisti che pregano Giampaolo adesso alla Samp ostacolo dell'ultima domenica di campionato a San Siro per Simone Inzaghi. Sono le bagatelle dei social, niente di più.
Per Milano del calcio è un pienone storico scandito da un precedente lontano la bellezza di oltre dieci anni. Perché a cavallo del magico triplete di Mourinho, l'Inter passò da Benitez a Leonardo, collezionando il mondiale per club, la supercoppa d'Italia (sulla Roma) e la coppa Italia prima di arrendersi allo scudetto di Allegri, maggio 2011. C'erano sempre Berlusconi e Moratti, due famiglie a regnare, fuoriclasse in continuo arrivo, da una parte Eto'o, Milito e Snejider, dall'altra Ibra, Robinho, Thiago Silva, i riflettori sempre accesi e la Champions luccicante esposta a casa Inter. Oggi i due club sono incarnati da altrettanti modelli diversi, fino a qualche tempo fa opposti direbbero gli osservatori più attenti, prima cioè che proprio Beppe Marotta, artefice del rilancio nerazzurro, non sbandierasse la necessità di un calcio sostenibile dovendo fare i conti con deficit a tre cifre e un calcio-mercato capace di procurare l'auto-sostentamento. Per il Milan di Elliott, di Maldini e Pioli la vocazione al risparmio è diventata prima una necessità poi uno stile di conduzione e infine una sorta di segreto contro-corrente visto che tutti si aspettavano l'Inter in cima alla classifica a fine maggio ma non sicuramente il Milan, accreditato dagli esperti-scommettitori di uno stentato quinto posto.
E adesso invece Atalanta e Cagliari al prossimo turno, infine Sassuolo e Samp dovranno decidere l'epilogo di questo derby infinito. E d'altro canto, ripensando alla Milano cantata da Dalla che «ti fa una domanda in tedesco e ti risponde in siciliano», si può concludere che la fatica è assicurata sia per Milan e Atalanta che per Inter e Cagliari.
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