Tanti piccoli indizi vanno a costituire se non proprio una prova, almeno un teorema. Possono 10" pesare come un minuto? Se si perdono su uno strappo che tira verso il cielo di soli duemila metri sì, anche se da martedì, con l'arrivo sui Pirenei, cambieranno gli scenari, le pendenze, le dinamiche di corsa e soprattutto la durata dello sforzo su salite molto più lunghe, che nulla hanno a che vedere con il Mur de Bretagne, sul quale ieri pomeriggio è andato a sbattere il nostro Vincenzo Nibali.
Non è un bel segnale. In questa prima parte di Tour, in questi primi otto giorni di corsa, il corridore siciliano ha solo raccolto elementi negativi: dal fato e dalla corsa. Bene è stato solo ad Utrecht, nella crono iniziale, dove è riuscito a guadagnare qualche secondo su tutti. Poi, a Zelande, sul Mare del Nord, ha vissuto la giornata più amara, dovuta ad una mezza caduta (gli cadono davanti e lui è costretto a mettere piede a terra) e a una foratura che gli costano un ritardo di 1'30" dai migliori. Qualcosa perde anche sul Muro di Huy, così come ieri sul Mur de Bretagne.
Che questo Tour sia tutt'altra cosa rispetto a quello di un anno fa lo si capisce anche nella tappa del pavé, a Cambrai. Attacca Vincenzo, attacca più e più volte, dimostra al mondo e al gruppo di saper pedalare su quelle superfici come nessun altro, ma alla fine il risultato è modesto: arrivano tutti assieme. Pari e patta. Anzi, se proprio vogliamo, ai punti vince Chris Froome, che sulla carta doveva pagare dazio, invece alla fine è quello che sta meglio, tanto da trovare dentro di sè anche la forza e la voglia di attaccare, quasi a dimostrare a tutti chi è il vero padrone della corsa e con chi, tutti, dovranno fare i conti.
«Non posso essere soddisfatto, come potrei esserlo? - ci dice nel dopo corsa Beppe Martinelli, tecnico del siciliano -. Ma una riga la tireremo solo domani sera (oggi, ndr), dopo la cronosquadre. Abbiamo tutto per fare bene e per dare un segnale forte ai nostri avversari e soprattutto a noi stessi. È una crono tutta su e giù che metterà a nudo lo stato di forma di tutti. Su quel tracciato c'è poco da bluffare. Poi faremo il punto. Solo allora potremo dire se questo Tour è perso o se possiamo ancora vincerlo».
Ieri a vincere sul Mur de Bretagne è stato un francese, che si era già distinto sul Mur de Huy, giungendo terzo alle spalle di Rodriguez e Froome: Alexis Vuillermoz. Il transalpino, alla terza vittoria in carriera, ha provato l'affondo nella prima parte della salita del Mur de Bretagne con pendenze anche oltre il 10%, ed è stato ripreso dal gruppo dei migliori trainato da Chris Froome; poi a 700 metri dal traguardo con pendenze più dolci ha portato l'affondo decisivo che gli ha consentito di arrivare tutto solo davanti a Daniel Martin e Alejandro Valverde.
Nibali, che nella parte più dura della salita si era difeso, pur rimanendo troppo arretrato rispetto ai suoi diretti avversari, ha pagato nella seconda parte, dove occorreva più brillantezza e reattività.Oggi la cronosquadre verità, per dare un segnale, per rialzare la testa. Per continuare a sperare: prima dei Pirenei.
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