Basterebbe sovrapporre le due prove di Champions league per capire come può finire, domenica sera, Milan-Napoli di campionato. Di là, nello stadio pieno di entusiasmo e di colori, pronto a esplodere come un vulcano, il petardo di testa di Higuain e il bengala di Insigne su punizione; di qua, tra stenti nel gioco e fischi di disapprovazione, una deviazione galeotta che spiana la strada al 2 a 0 sul Celtic. E invece il calcio e il passato invitano a esercitare la virtù della prudenza e a fidarsi, per qualche ora almeno, delle dichiarazioni che nascondono sicurezze e timori, i sentimenti autentici. Prendete per esempio Max Allegri che si ritrova faccia a faccia con Benitez, reduce dal 2 a 1 sui vice-campioni d'Europa del Borussia Dortmund, e sostiene convinto di «non provare alcuna invidia per il mercato del suo club, semmai gli faccio i complimenti perchè nel giro di due mesi ha cambiato la mentalità e il modo di giocare del Napoli» il sincero riconoscimento per il collega che nell'altra Milano passò da «ciccione sudaticcio» o addirittura «torero camomillo» e che invece si appresta a guadagnarsi soddisfazioni grandi così.
Il suo presidente, ADL, alias Aurelio De Laurentiis, come si presenta su twitter, è il principale sponsor del tecnico succeduto, senza alcuna nostalgia, a Mazzarri. «È la partita più bella del Napoli da quando sono presidente» il riconoscimento che vale una medaglietta appesa sul petto robusto. Forse nei confronti di Mazzarri c'è qualche contenzioso, ma di sicuro il Napoli targato Benitez pratica un calcio aggressivo e coraggioso che nulla ha a che vedere col Napoli precedente tutto dedito al pressing e ripartenze, definizione abbellita del veccho caro contropiede. Lo schieramento ne è una conferma simbolica: un centravanti che occupa e riempie l'altrui area di rigore, Higuain, tre mezze punte alle spalle, Callejon, Hamsik e Insigne, che lo scortano, lo riforniscono e in qualche caso lo rimpiazzano, come è accaduto con Marek o con Insigne. Il premio, per quest'ultimo, è contenuto in un messaggio di Paolo Cannavaro («puoi passare a ritirare il regalo promesso»), per tutti gli altri è la decisione di Benitez di offrire alla truppa 36 ore di riposo dopo l'allenamento di ieri mattina, ci si rivede sabato mattina per preparare il viaggio a Milano. «Non siamo noi i favoriti» detta Higuain a cui hanno già spiegato per bene come ci si comporta dalle parti nostre.
Allegri fa finta di niente, non se la prende mai se il destino lo sgambetta tutti i giorni e semmai prega di nascosto per recuperare almeno un paio degli infortunati (Abate e Poli sicuri, forse anche Niang almeno per la panchina, buone notizie su Constant), sapendo bene almeno due cose: 1) se contro il Napoli i suoi dovessero ripetere gli errori nei passaggi (percentuale da record, oltre il 50%) commessi col Celtic, le conseguenze sarebbero rovinose; 2) se contro il Napoli il Milan dovesse andare sotto nel risultato, non sarebbe garantito il recupero sia pure nel finale che è diventata la zona di maggior rendimento in questi ultimi tempi. Non sempre col coraggio e col cuore, si possono colmare le lacune rese ancora più vistose, oltre che dal mercato, dal numero esagerato di infortuni registrati a Milanello, i più importanti recuperabili dopo la sosta del 6 ottobre (Montolivo, De Sciglio, Kakà, El Shaarawy). Il Milan con i cerotti e le stampelle è sostenuto da due elementi su tutti gli altri: De Jong a metà campo e Balotelli in attacco.
L'olandese («di statura internazionale», il giudizio di Allegri) è quello che riesce a proteggere al meglio la difesa sostenuta in qualche modo dalla tigna di Mexes, il più affidabile della compagnia in Champions (figurarsi gli altri!), Mario è la variabile del gioco tutto da inventare e che vive, nell'attesa di Montoilivo e Kakà, delle sue invenzioni.
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