Il Napoli e la fatal Fiorentina. Il Napoli e il complicato rapporto con lo stadio che porta il nome del suo 10 più illustre (ben cinque ko dei sei incassati in campionato). Quasi quattro anni fa la tripletta di Simeone in casa dei viola spense i sogni scudetto della squadra allora guidata da Sarri, ieri la brusca frenata interna contro i toscani che rappresenta un duro colpo alle ambizioni da titolo della truppa di Spalletti. Alla quale non è bastato nemmeno il «mantello che può rendere supereroi» (parole del tecnico alla vigilia) dei 55mila presenti allo stadio di Fuorigrotta, mai così pieno in campionato dal dicembre 2017.
«Una sconfitta che ci costa molto, un ko che è quasi una sentenza, raddoppio loro nato da un episodio. Ora si fa tutto più difficile, dipende dagli altri, non più da noi...», le frasi laconiche di Spalletti che meglio disegna il dramma sportivo di una squadra e di una città. Dal pomeriggio che sembrava di festa all'addio al sogno il passo è breve, anche se le distanze restano ancora minime in classifica. Ma con una giornata in meno, la sensazione è che il Napoli abbia gettato al vento un'occasione propizia per mettere pressione alle rivali milanesi.
La Fiorentina bissa il colpaccio già ottenuto in Coppa Italia (l'ultima a vincere due volte a Napoli nella stessa annata fu la Lazio nella stagione 2014/15), dimostrando di essere un osso duro per i partenopei, che all'andata dovettero sudare per rimontare al Franchi la situazione di svantaggio. Brava la squadra di Italiano, avanti con il gol di Gonzalez (tra i migliori in campo) a far snaturare il Napoli, costretto a continue verticalizzazioni e non al solito possesso palla. Ma se con l'Atalanta questo modo di giocare aveva agevolato Insigne e compagni, stavolta la lettura della gara nei momenti chiave è stata migliore da parte dei viola, più lucidi dell'avversario che a volte si è fatto prendere dalla foga. In più i cambi operati dal tecnico della Fiorentina hanno fatto la differenza. «Non era facile arrivare con uno stadio pieno e tenere testa al Napoli con coraggio. Dopo l'1-1 di Mertens (in gol a 135 secondi dal suo ingresso in campo, ndr) ho percepito che lo stadio poteva spingere i nostri avversari, così ho cercato di mettere qualità fresca in avanti», l'analisi di Italiano. Così Maleh inventa e Ikoné va in gol 66 secondi dopo essersi alzato dalla panchina. Lui come Cabral, autore di uno straordinario gol del 3-1, è arrivato a gennaio e sta crescendo di partita in partita, mettendo alla luce l'ottimo investimento per il futuro del club di Commisso. Concentrazione iniziale, poi cinismo, freddezza e concretezza le armi vincenti della Fiorentina. Che mette nel mirino l'Europa. «Siamo sempre stati in quella zona, non vedo perchè mollare ora, ce la meritiamo», ha detto ancora il tecnico.
Al Napoli non sono bastati i gol di Mertens - dedica al figlio Ciro appena nato e in tribuna - e quello
nel finale (il 12° in campionato) di Osimhen - ben controllato da Igor - che poteva riaprire la gara. Il cammino balbettante al «Maradona» rimane l'ostacolo principale in una corsa scudetto da ieri ancora più complicata.
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