Doriano Romboni è morto come Marco Simoncelli, nel giorno di Simoncelli, durante una gara di beneficenza organizzata per la Fondazione Simoncelli. E i soldi raccolti ieri e oggi, adesso, verranno dirottati alla famiglia Romboni. Alla moglie, alle tre figlie. Fottuto destino. Solo a scriverlo sembra troppo, è troppo e sa di incredibile e impossibile e terribile e crudele. Ce ne sarebbe per convincersi con tutto il cuore che no, non è vero niente ed è una tragica e stonata fantasia, che no, non è possibile un simile vortice di coincidenze, che no non esiste proprio che si muoia e in più si muoia così. Invece il fottuto destino ha nome e cognome anche se li cambia spesso, come un terrorista sui passaporti. Un giorno si chiama Gilles Villeneuve e l'altro Ayrton Senna, un giorno Marco Simoncelli e quello dopo Andrea Antonelli. Stavolta ha scelto nome e cognome di questo sfortunato ex pilota 44enne. E ha infierito.
Mentre già monta il prevedibile corollario di «ma-se-perché» nutrito dalle inevitabili polemiche sui perché della gara, sulla scelta di una pista disegnata come un intestino attorcigliato, di un tracciato dove chi cade e scivola via - come accaduto a Doriano - rischia di finire sul vicino tratto di pista che corre in senso opposto, mentre di tutto questo ci si interroga, a pulsare dentro il cuore di ognuno di noi è solo e soprattutto l'incredulità per il troppo infierire delle coincidenze. Perché morire come il Sic nel giorno del Sic va oltre il dramma. La gara di motard organizzata per aiutare la fondazione di Marco, la moto che disarciona come Marco, la mano che resta artigliata al manubrio come quella di Marco, la moto impazzita che attraversa la pista come con Marco e il pilota preso in pieno e le parole dell'investitore, l'incolpevole Gianluca Vizziello, tutte disperatamente fotocopia di quelle che Valentino Rossi e Colin Edwards urlarono al mondo dopo aver colpito Marco: «Non l'ho praticamente visto, ho sentito solo un colpo fortissimo».
Potrebbe bastare, non basta. Anche la scelta serale, sicuramente sofferta, di correre oggi nonostante il dramma, s'inserisce crudelmente in questo accavallarsi di dolore. Piloti e organizzatori, d'accordo con Paolo Simoncelli, che cura la Fondazione che porta il nome del figlio, hanno stabilito di onorare Doriano e destinare i soldi alla famiglia Romboni. Ma tra le leggi non scritte del mondo dei motori c'è anche quella di onorare i propri sfortunati eroi tenendo i motori spenti.
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