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"Noi soffriamo in silenzio. È il consiglio ai calciatori preoccupati dal caldo"

La marciatrice bronzo mondiale nei 40° di Doha risponde ai giocatori che temono le partite a luglio

"Noi soffriamo in silenzio. È il consiglio ai calciatori preoccupati dal caldo"

«Scendere in campo alle 16,30 in piena estate? Non se ne parla nemmeno di giocare a quell'ora». Nei giorni in cui si cerca di fissare gli orari delle partite in vista della possibile ripresa della Serie A, dall'Assocalciatori arriva una bocciatura secca. Della stessa idea è Fabio Liverani, allenatore del Lecce, mentre il capitano del Brescia, Daniele Gastaldello, è ancora più esplicito, «le partite alle 16.30 d'estate sono scandalose. Non siamo macchine, siamo esseri umani anche noi». Vista la presa di posizione e in attesa di capire se, come sembra, oggi la Lega potrebbe accogliere le loro lamentele, abbiamo chiesto ad Eleonora Giorgi, 30enne marciatrice milanese, cosa ne pensa, lei che nel caldo torrido di Doha, 30 gradi e un tasso di umidità del 70 per cento, ha vinto una medaglia di bronzo mondiale nella 50 chilometri di marcia tra le gare più estenuanti della storia dello sport, date le condizioni -. Chi meglio, dunque, dell'atleta delle Fiamme Azzurre, laureata con lode alla Bocconi, può raccontare cosa si prova a gareggiare in condizioni climatiche proibitive e può offrire un suggerimento al mondo del pallone.

Eleonora, partiamo da quella lunga notte del 29 settembre scorso. Che ricordi ha?

«È stata una gara di sopravvivenza. Già di per sé la 50 km è una gara che dura 4 ore, figuratevi come può diventare con condizioni di caldo infernale. Si percepivano 40 gradi. Eppure ci avevano detto di non buttarci l'acqua addosso, perché sarebbe evaporata e avremmo provato sollievo all'inizio, ma poi avremmo provato ancora più caldo asfissiante. Dire che è stata una gara sofferta è un eufemismo: ho avuto problemi di stomaco, ho rimesso una volta al 16° km, poi altre sei volte durante la gara. Che faccio, mi fermo?, mi sono chiesta, poi in realtà sono andata avanti un km alla volta, e mi incoraggiavo dai Eleonora, non mollare, hai il terzo tempo dietro le cinesi. E alla fine sono riuscita a tagliare il traguardo, non mi sembrava vero».

I calciatori si sono ribellati alle partite delle 16.30. Cosa ne pensa?

«Forse perché la marcia è uno sport umile, ed in generale tutta l'atletica, ma noi siamo abituati a soffrire in silenzio. Comunque sia, non penso che i calciatori troveranno le stesse condizioni di Doha. E poi, una soluzione per il caldo ci sarebbe».

Quale?

«Nello stadio Khalifa di Doha, quello che hanno costruito per i Mondiali di calcio del 2022 e dove si sono disputate le gare in pista di atletica, hanno installato l'aria condizionata. Potrebbe essere una soluzione».

Come ha dichiarato Federica Pellegrini, in Italia «si parla solo di calcio». È così?

«Sì, è vero e mi dispiace. Dovrebbero ricordarsi di tutti gli altri sport, che non sono minori, anzi. Prima di questa pandemia, lanciavo un appello sui social agli appassionati: Chi viene a correre con me al campo XXV aprile di Milano per dieci chilometri?».

Quanto le è mancata la marcia in questi mesi?

«Da 1 a 10 dico 10. Mai stata così tanto tempo senza marciare, forse dai tempi dell'infortunio nel 2016. Ma dopo il rinvio dei Giochi e tutto quello che è successo, le priorità sono diventate altre».

Ha ripreso ad allenarsi?

«Sì, il 4 maggio. Anche se ora allenarsi al parco è complicato: sto cercando di non andare negli orari molto affollati, il sabato e la domenica lo evito proprio il parco. Se c'è un lato positivo da questa pandemia è che le persone hanno riscoperto l'aria aperta, molti bambini passano più tempo a praticare sport all'aria aperta, ma ora devo trovare l'orario giusto se non voglio fare lo slalom tra le persone. Non è facile mantenere la distanza».

Come stava andando il suo avvicinamento ai Giochi?

«Alle Olimpiadi puntavo a fare bene nella 20 km, visto che la 50 km la vogliano eliminare, sia per uomini che per le donne, e sostituirla con la 30-35 km. Nella 35 km prima del Covid avevo fatto segnare il record del mondo. Vorrei però fare un'ultima 50 km per provare a scendere sotto le 4 ore, una barriera infranta da una sola donna, prima che tolgano questa distanza definitivamente».

Cosa ha imparato da questa quarantena?

«Dopo tutto quello che è successo, non daremo più scontato niente, neanche una semplice passeggiata al parco.

Adesso apprezzerò ancora di più marciare e far fatica».

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