Non solo Genoa-Samp La Lanterna ferita vuol ripartire dal derby

A 3 mesi dalla tragedia del ponte, tutta la città chiede alle due squadre un giorno di speranza

Non solo Genoa-Samp La Lanterna ferita vuol ripartire dal derby

Chi vive lontano da Genova non ha la percezione di cosa sia Genova oggi. Il sentire comune è che il crollo del ponte Morandi di tre mesi fa sia stata una tragedia enorme, epocale, terribile, costata la vita a 43 persone. Ma c'è anche l'idea che Genova e i genovesi si siano rimboccati le maniche e siano ripartiti, come sono abituati a fare da sempre. C'è del vero, lo spirito fiero e concreto che abita da quelle parti non si può scalfire. Ma non è così, non questa volta.

Difficile, difficilissimo ripartire, con centinaia di persone che hanno dovuto abbandonare le proprie case in una città spezzata a metà. Ponente e Levante divisi fisicamente da un viadotto che non c'è più e che costringe i genovesi a ore e ore di coda quotidiane per attraversare la città utilizzando la sola viabilità urbana. Al netto dei lavori e della buona volontà degli amministratori pubblici locali, Regione e Comune, che stanno cercando di ingegnarsi in ogni modo per limitare i disagi nonostante un governo centrale che va avanti solo a proclami. Nel mezzo di questo caos ci sono i genovesi, storicamente abituati a dividersi più per il calcio che per la politica e ora divisi pure fisicamente. A Ponente, a Pegli, pochi chilometri da quel che rimane di Ponte Morandi, c'è il quartier generale del Genoa, dove i giocatori si sono organizzati facendo una sorta di car sharing per dribblare il traffico. A Bogliasco, estremo Levante, quello della Sampdoria. Due realtà mai così divise ma mai così unite al netto di una rivalità sportiva che ha pochi eguali in Italia. Insieme nelle iniziative di solidarietà, unite come una sola squadra per partecipare ai funerali solenni delle vittime del crollo lo scorso 18 agosto. In questo momento storico rappresentazione plastica di una città che ci prova a rialzarsi ma che fa un'enorme fatica.

Già perché il calcio, salvo una unica e obbligata sosta, è andato e va avanti come se nulla fosse, aumentando quella percezione sbagliata di chi non abita da quelle parti. E c'è il derby, una partita che non è e mai sarà come tutte le altre, specie da quelle parti. E questa volta ancora meno. Se è vero che c'è fortissima la voglia di distrazione di massa da quelli che sono problemi ben più gravi, è anche vera la consapevolezza, forse per la prima volta dal 1946, che in fondo sì, è soltanto un gioco. Ma può avere un valore fortissimo.

Il derby sotto la lanterna vive 365 giorni all'anno, nelle piazze, nei bar e nelle case. Genoa contro Sampdoria ma soprattutto genoani contro sampdoriani in un crescendo di sfottò e ironie che trova il suo culmine in quei 90 minuti di fuoco. Così almeno è sempre stato ma questa volta il clima è differente. È la prima sfida da quel maledetto 14 agosto quando il tempo a Genova si è fermato. «Il derby è un momento di festa per la città, spero che possa essere anche un momento di allegria e ripartenza, segno che la vita va avanti nonostante la tragedia - ci racconta il presidente della Regione Giovanni Toti - Spero sia un derby speciale per il segnale di futuro che può dare».

Perché il calcio, appunto, va avanti. E allora ci sono due squadre in difficoltà che faticano anche loro a risalire. Il tecnico del Genoa, Juric, con gli sbalzi d'umore di Preziosi, si gioca la panchina proprio nella stracittadina; il blucerchiato Giampaolo invece non rischia l'esonero ma dopo tre sconfitte in fila, può gettare via mesi di complimenti e belle prestazioni. C'è un bomber, Piatek, a secco da cinque giornate e un sempreverde Quagliarella che non molla mai.

E ci sono due tifoserie che vogliono fare festa, almeno per quei novanta specialissimi minuti. Toh, un derby che potrebbe significare rilancio. Quando il calcio, nella sua sfida più sentita, è lo specchio perfetto di una città che ha tanta voglia di rialzarsi.

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