Roma E che commissario sia, per far luce sullo scenario che molti avevano previsto. Altro che convergenze parallele e inciuci vari, il calcio di casa nostra finisce in mano al presidente Giovanni Malagò, illustre assente nella kermesse di Fiumicino ma vero vincitore della lunga giornata. Colui che aveva predetto e, probabilmente, auspicato questa soluzione. Giovedì alle 15 ci sarà la Giunta straordinaria del Coni che delibererà la fase commissariale. Con un nuovo protagonista in campo, che potrebbe essere lo stesso numero uno dello sport italiano (in alternativa il segretario generale Fabbricini).
Settantasei giorni dopo la disfatta dell'eliminazione mondiale dell'Italia di Ventura, con le dimissioni del presidente Tavecchio, la Federcalcio non è riuscita a eleggere il suo successore. Tre candidati fermi sulle proprie posizioni, uno (Tommasi) deciso a correre da solo fino alla fine e contrario ad apparentamenti (il direttivo dell'Assocalciatori aveva aperto a un possibile accordo con Gravina in caso di impasse). «Nessuno voleva un ex calciatore presidente, è una sconfitta del nostro sistema», l'amara analisi di Tommasi. Il risultato è stato di tre votazioni inutili senza un candidato con la maggioranza richiesta e una quarta, quella di ballottaggio tra Gravina e Sibilia, resa inutile dal colpo di scena finale: le schede bianche dell'Aic (ormai scontate) e quelle della Lega dilettanti. Frutto di un ultimo disperato accordo tentato da Sibilia al fotofinish. Gli ultimi due presidenti Figc in ordine di tempo, Carlo Tavecchio e Giancarlo Abete, sono i grandi tessitori del tentativo di riavvicinare le parti rimaste in lizza, ma Gravina dice no. «Un accordo che definisco volgare, non me la sono sentita di accettare l'incarico di presidente, nel calcio serve coerenza, questa è una sconfitta della classe dirigente. E c'è chi ha avuto paura di giocare e si è preso la palla...», così il numero uno della Lega Pro. «Non c'erano le condizioni per procedere, ho chiesto ai rappresentanti della Lega Dilettanti di votare scheda bianca - così un infuriato Sibilia -. Abbiamo fatto tutti i tentativi per avere una larga condivisione, ma evidentemente all'interno hanno avuto problemi. Per quanto ci riguarda, noi siamo stati responsabili».
Decisivo il veto di Renzo Ulivieri (Assoallenatori) e Marcello Nicchi (Aia) così come quello dei dieci club di A riformisti (tra cui Juve, Inter e Roma) che si erano schierati con Gravina e temevano, con quest'accordo, di vedere un ritorno di Claudio Lotito in Figc (pare infatti che alla base dell'offerta di Sibilia a Gravina ci fosse la vicepresidenza per il patron della Lazio). Va bene gli inciuci e gli accordi politici, ma l'unione Gravina-Sibilia sembrava davvero difficile, considerando che i due erano rimasti sempre molto distanti e non si erano parlati molto nelle settimane di avvicinamento al voto. La manovra disperata di Sibilia voleva evitare che il Coni prendesse in mano il pallone. Di sicuro, emerge uno teatrino quasi ridicolo che dà ragione a Malagò («era meglio rinviare di 90 giorni le elezioni, non c'è nessuno che può governare, il calcio dovrebbe dimostrare buon senso»). «È giusto che qualcuno dall'esterno ci metta mano», la chiosa di Tommasi.
Giovedì si volterà pagina con la Figc che passerà sotto la guida del Coni. Pronto a dare inizio a quella rivoluzione che molti - anche nel mondo del calcio - avevano auspicato dopo quel tragico 13 novembre con gli azzurri fuori dal Mondiale dopo 60 anni.
«Abbiamo perso tempo, lo sapevo, bisogna ricostruire il calcio dalle fondamenta», così Aurelio De Laurentiis. A Malagò il compito di riformare il calcio di casa nostra, poi fra un mese arriverà anche il commissario per la Lega di A. L'unico commissario che manca è ora quello tecnico per la Nazionale...
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