Dice che in campo non riconosce nemmeno suo padre, Christian Panucci, fedele a un'immagine da duro costruitosi in vent'anni di calcio giocato ad alto livello. E' lui la scossa che l'Albania aveva bisogno per riprendersi dopo la sbornia europea del 2016, quando con Gianni De Biasi arrivò la prima storica qualificazione alla fase finale di un grande torneo internazionale. Poi però nel girone che porta a Russia 2018 le Aquile hanno fallito nell'assumere quel ruolo di underdog del gruppo in grado di tirare qualche scherzetto alle favorite Spagna e Italia e farle sudare un po' più del previsto.
Non è stato così, e lo scorso luglio è toccato quindi a Panucci sostituire l'ormai esausto De Biasi, la cui eccellente gestione non potrà comunque mai essere dimenticata. Col nuovo tecnico tre partite, tre risultati diversi: successo contro la cenerentola Liechtenstein, pareggio strettissimo in Macedonia, sconfitta in Spagna. Soprattutto però, i primi segnali di una rinnovata mentalità, plasmata dalla filosofia del nostro. «È importante che un allenatore - dice Panucci - abbia determinazione, grinta, persino furore, e che sia capace di trasmetterli alla squadra». Un approccio tosto che ha caratterizzato fin da subito la carriera di Panucci una volta passato dall'altra parte della barricata, iniziando con i 36 giorni trascorsi alla corte di Zamparini in qualità di responsabile dell'area tecnica del Palermo, chiusi con le dimissioni per «un'incomprensione con il presidente». 48 invece sono stati nel 2016 i giorni da allenatore della Ternana, prima di un licenziamento avvenuto dopo un successo in coppa Italia contro il Pordenone a seguito della risoluzione del contratto con il ds Fabrizio Larini. Nel mezzo, l'avventura in Russia come vice di Capello, e una tribolata doppia esperienza a Livorno, con la classifica trafila esonero (dopo una prima stagione piena), richiamo e nuovo esonero che si vede ogni anno in tante società italiane.
Si può e, a volte, si deve dire no. Piaccia o meno, un motto a cui Panucci è sempre stato fedele, da giocatore e da allenatore. Un concentrato di grinta che in molti farebbero la firma per vedere oggigiorno nella sempre più anemica nazionale italiana.
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