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Perisic fa la differenza con la valigia in mano. Nodo dell'Inter che vola

Il croato brilla e ha il contratto in scadenza. Conte-Lukaku insegnano: nessuno è essenziale

Perisic fa la differenza con la valigia in mano. Nodo dell'Inter che vola

L'ultimo nerazzurro a vincere il Triplete è stato Ivan Perisic e buon per l'Inter che nell'estate del 2020, complice la crisi da pandemia, il Bayern Monaco non esercitò il diritto di riscattare il croato, fissato a 20 milioni (con Marotta disposto a scendere fino a 15). Sennò Perisic a campionato tedesco, Coppa nazionale e Champions League, nel giro di qualche mese avrebbe sommato Supercoppa d'Europa e mondiale per club, e l'Inter sarebbe ancora lì con ripieghi alla Biraghi o vecchie glorie alla Young e Cole.

Perché la storia di Perisic, nerazzurro in scadenza di contratto e per il momento nessuna voglia di rinnovarlo, è esemplificativa di come va il calcio ma anche di come lo si racconta. Oggi che il croato sprinta e difende, assiste e segna, perciò che sia solo un altro dei tanti meriti di Conte, infiniti per qualcuno. E allora, giusto per mettere le cose in fila, proviamo a ricostruire con la memoria e un po' di Google i 6 anni e mezzo di Perisic in nerazzurro.

Fu Roberto Mancini a volere Ivan Perisic nell'Inter. Era l'estate del 2015 e il futuro ct campione d'Europa ne fece quasi una questione personale con Thohir, costretto - a campionato già cominciato - a pagare controvoglia 19 milioni al Wolfsburg, per accontentare il suo allenatore, ironia della sorte quello che poi meno ha avuto in cambio dall'esterno croato. Nei 4 campionati prima dell'arrivo di Conte (l'ultimo di Mancini, quello disgraziato dei 3 allenatori, i 2 di Spalletti) Perisic non ha mai sofferto di gravi infortuni, è sempre stato disponibile e quasi sempre ha giocato, segnando da 7 a 11 gol (due volte, peraltro). Nel frattempo, con la Nazionale croata arrivava a giocarsi il titolo mondiale, segnando in semifinale all'Inghilterra e poi in finale con la Francia. Insomma, uno vero anche prima di un assist contro lo Shakhtar. Eppure un giorno arriva Conte, lo manda in campo all'inizio del secondo tempo di un'amichevole d'estate contro il Manchester United (Singapore, 20 luglio 2019) e poi alla fine spiega: «Non penso sia adatto per fare il ruolo che gli chiedo. L'unico posto in cui può giocare in questo momento è quello di attaccante. In compenso ho visto Dalbert, che ha giocato una partita con grande applicazione». Insomma, stroncato dopo 45 minuti. Perisic infuriato e offeso, di Dalbert sappiamo. Croato al Bayern, brasiliano alla Fiorentina, prestato in cambio di Biraghi. Una stagione dopo, Perisic torna ad Appiano da campione di tutto, mentre Conte ha saputo a Villa Bellini che non avrà più nessuno, tanto meno Emerson, che chiede da un anno. Lavorare col croato e sul croato è un obbligo prima che una scelta e per fortuna (dell'Inter) stavolta Perisic ha più di un tempo in amichevole per dimostrare che uno come lui può fare anche quelle cose. Il resto è cronaca, anzi storia, per quanto minima.

È sicuramente un bel momento per l'Inter, pronta a rituffarsi in campionato dopo essersi riappropriata del titolo virtuale di favorita allo scudetto e soprattutto dopo la conquista reale degli ottavi di Champions, i primi dopo 10 anni.

Dzeko con i suoi gol non cancella Lukaku, sarebbe ingiusto al di là della scia di rancore che l'addio del belga ha lasciato, ma certo ne sbiadisce la nostalgia: c'è Inter anche senza Big Rom, così come c'è Inter anche senza Conte.

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