È l'Italia che non va al Mondiale, che deve trovare una nuova governance e che litiga per i diritti tv. È l'Italia patria del calcio, dove esistono 60 milioni di commissari tecnici e dove la mancata qualificazione a Russia 2018 è stata vissuta come una crisi paragonabile al martedì nero di Wall Street del 1929. Ma a giustificare questa apparente crisi del pallone nostrano, forse, ci pensa la stessa Serie A.
Ad agosto 2016 è entrata in vigore la norma Uefa che già da anni in Europa regolamentava l'iscrizione dei calciatori nelle liste presentate dalle squadre che partecipano alle Coppe. In sostanza, ogni società si è trovata a dover produrre e depositare presso la Lega Calcio una lista di 25 calciatori con requisiti particolari: quattro cresciuti nelle giovanili della società in questione, altri quattro in una qualsiasi società italiana entro i 21 anni. Mentre per gli Under 21 non c'era nessun limite.
La svolta era stata vista come viatico essenziale per dare maggiore respiro e un palcoscenico più ampio soprattutto ai calciatori italiani, in una fase di cambio generazionale molto delicata. Ma, conti alla mano, questa si è rivelata un'arma a doppio taglio, che di benefici ne ha portati ben pochi.
Questo è quanto riferisce la classifica dell'attuale Serie A: più è alto il numero di calciatori italiani presenti nella rosa e meno competitiva è la squadra. A prescindere dalla loro titolarità o meno.
E così capita che la capolista Napoli abbia solo sei giocatori azzurri su 25 (24% del totale), percentuale molto vicina a quelle di Lazio e Roma (25%), rispettivamente quarta e quinta in classifica, ma che si alza molto in casa Juventus (36%), dove vige il blocco azzurro soprattutto in difesa; mentre sorprende il 39% dell'Inter, da sempre vituperata per la sua esterofilia (anche se la sua rosa è di soli 23 giocatori). Rimangono ben al di sotto del 50%, scendendo in classifica, anche Sampdoria (42%) e Atalanta (46%), mentre sul dato dell'Udinese (20%) rimane la costante attenzione del club friulano nella ricerca di giovani stranieri da poi rivendere a prezzi maggiorati.
Per trovare società con almeno il 50% di calciatori italiani in rosa bisogna guardare verso il basso: il Milan viaggia in undicesima posizione e si ritrova con ben 17 giocatori italiani sui 29 totali (58%); a seguire Chievo Verona (58%), Cagliari (75%), Spal (79%), Crotone (51%), Verona (66%) e Benevento (64%). Il club con più italiani in rosa è il Sassuolo (ben 24 su 28, 85%), con gli emiliani che stanno vivendo un'annata difficile.
A suo tempo Beppe Marotta, amministratore delegato della Juventus, criticò in maniera dura la linea del governo del calcio, presieduto all'epoca in modo solido da Carlo Tavecchio: «Questa norma trova impreparato il calcio italiano disse prima avrei adottato dei rimedi e poi avrei fatto la riforma». Il risultato, ad oggi, pare dare ragione al dirigente bianconero: meno italiani in rosa rendono la squadra più competitiva. La riforma voluta da Tavecchio, al momento, pare abbia funzionato solo nel dare maggior spazio agli italiani in campo.
Ma ha portato ad un impoverimento qualitativo dei calciatori di casa, un dato avallato anche dalle recenti sfortunate performance della nazionale azzurra guidata sino a due mesi fa dal commissario tecnico Giampiero Ventura. Dati che sembrano quasi andare controcorrente rispetto allo spettacolo offerto finora dalla Serie A, un campionato che, rispetto al recente passato, finora non è stato dominato da nessuno.
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