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La piccola Italia bicolore sembra la Francia iridata Non è vero. Ecco perché

Gnonto, Tongya e Udogie trascinano l'under 17 come Mbappè & C. Ci manca programmazione

La piccola Italia bicolore sembra la Francia iridata Non è vero. Ecco perché

Due partite, altrettante vittorie, e l'Italia under 17 è volata con un turno di anticipo agli ottavi di finale del Mondiale di categoria brasiliano. Un risultato da non sottovalutare, considerando che dall'inizio del nuovo millennio le partecipazioni degli Azzurrini alla kermesse sono state inferiori alle assenze (6 su 10 tornei). Un risultato che porta la firma di tre ragazzi di colore, Willy Gnonto, Franco Tongya e Iyenoma Udogie, autori di cinque delle sette reti che hanno permesso alla squadra del ct Carmine Nunziata di superare rispettivamente le Isole Salomone e il Messico. La vittoria contro questi ultimi ha ovviamente una rilevanza maggiore, ed è arrivata nel recupero grazie al veronese di origini nigeriane Udogie, dopo la rete del vantaggio firmata dall'interista Gnonto (radici ivoriane, già 3 reti in un Mondiale che avrebbe dovuto vedere da casa, prima che Antonio Conte bloccasse la partenza di Salvatore Esposito dopo l'infortunio di Sanchez). Protagonisti che toccano un nervo scoperto che nel panorama calcistico (e sociale) italiano fin dalla convocazione di Joseph Dayo Oshadogan, primo giocatore di colore a vestire la maglia azzurra, anche se i principali episodi censurabili si sono verificati con un calciatore di qualità di gran lunga maggiori quale Mario Balotelli.

Protagonisti che aprono anche uno spunto di discussione: il movimento calcistico italiano si sta avviando sulla strada di quelli francesi e olandesi, caratterizzati da una spiccata trazione multietnica? La risposta è no, per una mera questione di relazione transitiva. La Francia è una società multietnica, l'Italia no. I grandi conglomerati cittadini, da Parigi a Lione fino a Marsiglia, brulicano di figli dell'Africa, però di formazione e cultura francese, che crescono in una scuola sportiva fortemente caratterizzata e strutturata, dove è storicamente preponderante la cura dell'aspetto fisico, mutuata dall'atletica. Un bacino numericamente sterminato nel quale operano centinaia di piccole società che, partendo dalla cultura del calcio di squadra, pescano e incanalano il talento nel sistema formativo francese, oggi senza eguali nel proporre nazionali competitive in tutte le categorie. L'Italia vive una realtà, numerica e sociale, molto diversa, e la strada che portò la Francia a disputare una finale mondiale con sei giocatori di colore nell'undici titolare (Varane, Umtiti, Pogba, Kantè Matuidi e Mbappè erano in campo il 15 luglio 2018 al Luzhniki di Mosca per Francia-Croazia) appare per noi molto lunga, forse irraggiungibile. Ma lo stato di salute del movimento giovanile Azzurro è in ripresa, come dimostrato dalle due finali consecutive (2018-2019) raggiunte all'Europeo under 17.

E se un domani Willy Gnonto, che oltre al talento vanta anche un rendimento scolastico impeccabile (con una media-voto in italiano da far invidia a tanti suoi compagni indigeni), diventerà la stella che promette di essere, ci avremo guadagnato tutti.

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