Un popolo distaccato che guarda lo straniero con diffidenza e superiorità. E se porta il Covid...

Fra la gente resiste da sempre, anche se non manifesto, il fastidio per chi arriva da fuori e non comprende la cultura, le abitudini e la storia del Paese

Un popolo distaccato che guarda lo straniero con diffidenza e superiorità. E se porta il Covid...

I Giochi sono un incubo. I giapponesi temono l'Olimpiade e si rifugiano sull'isola. È la paura del contagio, è il segnale di allarme dinanzi all'invasione degli stranieri, da qualunque parte essi provengano. Il Giappone ritorna a metà dell'Ottocento, quello fu un isolamento voluto, prima che le navi nere dell'ammiraglio statunitense Perry portassero alla svolta internazionale dei commerci e dell'economia nipponica. Non siamo ancora allo shogunato, all'espulsione degli stranieri di ogni tipo (fatti salvi i mercanti olandesi e cinesi), resiste, anche se non del tutto manifesto, il disprezzo di chi non sia giapponese e non comprenda appieno la cultura, le abitudini e la storia del Paese, i casi di luoghi vietati agli stranieri sono un fenomeno isolato ma comunque emblematico, il dominio di una razza giapponese non è dovuto al colore della pelle ma proprio all'appartenenza come a una dinastia, cinesi e coreani sono tra i più segnati da questo atteggiamento. L'aria che circola attorno e dentro Tokyo provoca allergie di stranissimo tipo, addirittura il divieto, per gli eventuali turisti, di stare vicini ai cittadini giapponesi, in qualunque sito, ristorante, bar, negozi e addirittura all'interno degli ascensori. Di certo, non hanno questo problema i signori del Cio che alloggiano all'Okura, con suite da ventiduemila euro al giorno. Per loro la paura ha il profumo dei soldi, il contagio non esiste, i Giochi dell'Olimpiade non subiranno ulteriori spostamenti, sospensioni, rinvii.

Tutto confermato tranne la sicurezza e la serenità di un nuovo popolo migrante, composto da ventimila persone, tra atleti e dirigenti e tecnici e magazzinieri e medici, il mondo olimpico deve fare i conti con i 124 milioni di giapponesi non tutti entusiasti dell'evento, anche perché almeno un terzo di quella popolazione è composto da over 65enni, dunque la categoria maggiormente a rischio. Rischio, paura, sono il sesto e il settimo cerchio dei Giochi, rischio di ritrovarsi isolati nella clinica della febbre, comunque al domicilio coatto, blindato all'interno del villaggio, paura di dover rinunciare alla gara. Da quel sito non potrà muoversi, dalle stanze di 9 metri per 4, non certo la suite occupata da sua maestà il barone Thomas Bach e così gli altri soci del comitato, lontani dal virus, almeno nella propaganda che accompagna i loro tronfi discorsi.

Il Giappone vive una realtà improvvisa, imprevista e diversa, opposta a quella del 64, il momento del rilancio olimpico, dopo la cancellazione dei Giochi del 40 per il conflitto con la Cina. Una realtà nervosa, piena di ombre e di sospetti, perché, stavolta, lo straniero può essere portatore malsano, il Covid non ha passaporto, supera le frontiere e le dogane, nemmeno il ricordo degli shogun potrebbe allontanarlo, nemmeno i samurai o i kamikaze, per restare nella favolistica. Oggi Tokyo ha paura, oggi il Giappone è l'isola delle nebbie, le Olimpiadi, senza le voci del pubblico, sono un compromesso che riempie la pancia soltanto dei mercanti e non del popolo degli appassionati di qualunque disciplina. Il colpo di pistola alla partenza rimbomberà nel vuoto, la corsa non troverà l'urlo della folla. Il rito, innanzitutto, ma trattasi di messa finta, mentre attorno vedremo camici bianchi e mascherine, sperando di non ascoltare, nel silenzio, le sirene delle ambulanze. È la storia contemporanea che cerca di fuggire dalla cronaca quotidiana, è la variante umana che sogna di sconfiggere quella virale. Le prime notizie che arrivano dal villaggio riferiscono che la bolla è stata bucata, si registrano uno, due, tre e più casi positivi, si ha paura, ancora, di annunciare e denunciare, ci sono 17 miliardi di dollari, ma forse è un dato al risparmio, finora spesi per questo spettacolo, c'è un pericolo politico, il primo ministro Suga è in caduta libera nei sondaggi, lui si è battuto e si batterà ancora perché i Giochi siano tali, il vento della propaganda soffierà contro le nuvole degli oppositori. Il Giappone vive un'estate di paure, i medici temono il dopo Olimpiade, spenta la fiamma del Tripode si accenderà quella dei nuovi contagi.

Il Paese rivive gli stessi giorni di luglio del 41, allora venne isolato dalle forze mondiali, a seguito dell'occupazione dell'Indocina, oggi è come costretto ad aprire la sua frontiera, con fatica e diffidenza, nel nome dei Giochi che riuniscono i popoli e sospendono le guerre. Il virus procede la sua corsa vigliacca. Un proverbio giapponese dice «Partorire un bambino è più facile che preoccuparsene». Significa che la paura è più grande del pericolo.

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