
L'onda lunga dei successi di Tokyo 2020 sta forgiando una squadra di talenti nati tra il 2005 e il 2009 capaci di grandi imprese nell'atletica giovanile. "Questi ragazzi cominciano a spingere", commenta il presidente della FIDAL Stefano Mei. L'ex campione europeo dei 10.000 oggi guida una disciplina che traina lo sport italiano. E non si perde una gara dei suoi, anzi è lui ad aggiornare i risultati sulla sua pagina facebook.
Presidente, un attimo di distrazione e ci si perde il personale o la medaglia degli azzurrini.
"Questo è un momento anche di ricambio per l'atletica. Ci sono ragazze come la Doualla, la Succo o la Castellani pronte a prendere il testimone. Ma io credo che debba essere chiarito l'equivoco: l'atletica italiana è sempre stata bene".
In che senso?
"I talenti l'atletica li ha sempre sfornati: le società del territorio sono sane e fanno un lavoro capillare incredibile. Da quando nel 2021 è cambiata la governance, però, si è creduto realmente in questa potenzialità dei nostri giovani e abbiamo messo le risorse. I programmi sono tutti belli, se però non li sostieni economicamente, sono destinati a fallire".
Kelly Doualla con la sua impresa ha conquistato l'oro, ma anche le prime pagine dei giornali. Come gestire il suo talento?
"Io a 16 anni ero talentuoso e andavo forte, in parte ho vissuto la situazione di Kelly. Da una parte, da ex atleta c'è la voglia di vederla sempre impegnata in qualsiasi gara; dall'altra, da presidente non posso caricarla di responsabilità. L'ho sentita dopo la gara, le ho fatto i complimenti e le ho detto: se ne avrai voglia, e i genitori e il tuo coach saranno d'accordo, farai parte della squadra per i Mondiali perché te lo meriti, a prescindere dall'età".
Anche Doualla come altri è cresciuta grazie a quei 5 ori di Tokyo.
"Quell'Olimpiade ha fatto la differenza. Tokyo è servita per far capire agli italiani che potevano vincere ovunque, anche il salto in alto e i 100 metri in 12 minuti. È scattata la consapevolezza nella testa degli atleti, e magari anche in quella dei tecnici. Ora niente gli è precluso. Quell'edizione ha aperto un mondo che prima non c'era".
Doualla, Saraceni, Inzoli. Tutte medaglie milanesi arrivate nonostante la carenza di impianti. Cosa c'è nell'aria?
"Se aumentano i giovani che vanno nei campi di atletica, come sta accadendo oggi, anche la qualità aumenta. A Milano la situazione è veramente brutta dal punto di vista degli impianti e mi dà lo sconforto. Di fatto l'Arena è difficilmente utilizzabile, io vorrei tanto fare un campionato italiano a Milano, una città a cui sono legato perché l'ho vissuta tanto".
Come farlo capire alle istituzioni?
"I campi di atletica sono dei presidi di sicurezza e di salute. Se tu fai un campo di tennis serve ai tennisti, il campo di atletica è usato da tutti gli sportivi per gli allenamenti a secco. Dotarsi di un campo di atletica serve alla comunità, non solo allo sport di per sé. L'abbiamo visto durante il Covid, quando l'unica attività che potevi fare era all'aperto".
Se i giovani sono lanciati, i più esperti arrancano.
"Tamberi? Sapevamo che questo sarebbe stato un anno di transizione. Domani (oggi, ndc) salta in Germania. Se reputerà che si possa andare ai Mondiali, verrà ai Mondiali. Altrimenti fa quello che vuole. Io non discuto il capitano".
E Jacobs?
"Ha fatto una scelta di vita andando negli Stati Uniti, ha avuto molti problemi in inverno e in primavera. Noi gli avevamo proposto di venire a Roma per dargli tutta l'assistenza di cui aveva bisogno. Ha scelto di stare a Desenzano. È un campione olimpico e sa il fatto suo".
Si sente di fare un pronostico per i Mondiali al via tra un mese? Sarebbe contento se...
"Se superassimo i 17 finalisti di Parigi. Non parlo più di medaglie perché non mi voglio avventurare in previsioni".