Matteo Basile
nostro inviato ad Appiano G.
Parlottano tra loro, scherzano sulla lunghezza dei tempi della traduttrice che spiega ai media svedesi quello che hanno appena detto. Ridono. Ma è solo qualche istante, un intermezzo. Perché le facce di Giampiero Ventura e Gianluigi Buffon fanno trasparire tensione, attesa, concentrazione e magari un pizzico di paura. È la vigilia di quello che per l'Italia del pallone è uno snodo epocale e non si può far finta di nulla. Non si dice, lo si accenna sottovoce ma lo si percepisce dal linguaggio del corpo. Il Ct e il capitano lo sanno. Quella di stasera potrebbe essere la loro ultima partita in azzurro. Potrebbe ma il non detto di Ventura e Buffon è chiaro: non ci vogliono nemmeno pensare.
Per realizzare il loro progetto serve quella che il portierone definisce «una piccola impresa» e il Ct ammette: «Bisognerà cambiare qualcosa». Già, perché la sconfitta dell'andata non era prevista. «Quando sono arrivato in Nazionale lo scenario era chiaro. Il girone era difficile, c'era la Spagna e ne passava una sola. Ce la siamo giocata ma l'obiettivo plausibile poteva essere quello dei playoff. Se passiamo sarà stato uno scenario positivo». E comunque, per il Ct, sono arrivate «un pelino troppe critiche, ma alla fine gli allenatori ascoltano e fanno di testa loro». Non vede l'ora di togliersi qualche sassolino dalle scarpe, ma per questo è ancora presto. Anche perché su di lui continuano ad aleggiare fantasmi di potenziali Ct pronti a sfilargli la panchina, anche in caso di qualificazione, Ancelotti in primis. Ma lui non vuole pensarci e la sua ricetta per battere la Svezia con almeno due gol di scarto è semplice, sulla carta, un po' meno per quanto visto all'andata. «Siamo una squadra che deve giocare a calcio e se ci qualifichiamo dobbiamo farlo giocando a calcio. So che partita dobbiamo fare, dovremo stare attenti ai dettagli migliorando rispetto all'andata. Non si può prescindere da nulla».
Anche grazie alla spinta di un San Siro pieno come non mai. «Spero che il pubblico arrivi allo stadio senza spirito critico a priori, in un momento come quello di adesso porterebbe solo malefici - racconta Buffon - Non sono capopopolo ma mi piacerebbe e mi emozionerebbe il sostegno del pubblico finché c'è partita, poi eventualmente fischi e critiche dal novantesimo in poi». Buffon, capitano leader e simbolo di questa nazionale al bivio, non usa mezze parole. «È un momento di alta tensione, è forte il senso di responsabilità in tutti noi. Una vittoria vorrebbe dire tanto per tutti, la mia situazione è secondaria, il mio futuro non conta nulla».
Ventura, nel blindatissimo ritiro di Appiano Gentile, che per due giorni si è tinta solo di azzurro, ha fatto prove su prove per trovare la formazione ideale. Ma i dubbi sono tanti. Ipotesi uno: 3-4-3 con Jorginho in mezzo e tridente Candreva-Immobile-Insigne. Ipotesi due, la più probabile e un po' azzardatamente sperimentale: un 3-5-2 con davanti Immobile e il rispolverato Gabbiadini (la coppia offensiva è stata provata a lungo ieri) e Insigne sacrificato. In mezzo Jorginho, Florenzi e Parolo con Darmian e Candreva a tutta fascia. Un rischio, forse un azzardo in una partita così decisiva. Un modulo mai utilizzato e interpreti mai visti o in ruoli che non ricoprono nei loro club (vedi Candreva e Florenzi). Unica certezza dietro, con la BBC Barzagli, Bonucci (con mascherina protettiva per il naso fratturato) e Chiellini.
«Il modulo non conta, conta come giochiamo», ha detto Ventura.
E se lo dice deve crederci ed essere certo dei suoi undici, lui che si gioca tutto come l'Italia del pallone. Che per novanta minuti soffierà, forte, nella stessa direzione. Quella che porta in Russia. Svezia permettendo.
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